La speranza è proprio l’ultima
a morire avrà pensato Bernarda Di Miceli quando ha ricevuto la notizia che
sarebbe stata immessa in ruolo con l’inizio del nuovo anno scolastico
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Bernarda Di Miceli - (foto da repubblica.it) |
La docente palermitana è una
dei pochi precari della Sicilia (5% del totale) sui cinquantuno mila previsti
dal ministero che quest’anno saranno immessi in ruolo. L’insegnante di scuola
primaria firmerà la prossima settimana presso la sede dell’Ufficio scolastico
provinciale il contratto a tempo indeterminato come docente dell’istituto Pio la
Torre di Palermo. La particolarità della
notizia sta nel fatto che Bernarda Di Miceli pur avendo l’età (69 anni e sei
mesi) per andare in pensione (l’età minima è 66 anni e 7 mesi) non può farlo
in quanto non ha ancora maturato i requisiti minimi previsti dalla legge, cioè non
ha ancora versato 20 anni di contributi previdenziali. Nella sua carriera lavorativa iniziata negli anni
Settanta la neo assunta a tempo indeterminato, come tanti altri suoi colleghi,
ha sempre lavorato con incarichi annuali o supplenze brevi. Nel 2014 depennata per
limiti di età dalla graduatoria provinciale, ha vinto il ricorso fatto su
insistenza della figlia che svolge la professione di avvocato, ora reinserita
ha diritto all’assunzione. Tuttavia, Bernarda Di Miceli per raggiungere i requisiti
minimi contributivi per la pensione di vecchiaia sarà costretta a lavorare fino
all’età di 70 anni e 7 mesi, cioè fino al febbraio del 2018.
Foto da palermo.repubblica.it |
La vicenda dimostra, oltre alle ‘astrusità’ delle
modalità di reclutamento della scuola italiana, l’inadeguatezza del sistema
economico e produttivo del nostro Paese. Nelle
regioni meridionali il lavoro è una chimera per molti e spesso ci si accontenta
anche di occupazioni precarie e superflessibili come sono diventate quelle dei
docenti e dei collaboratori Ata della scuola. In particolare i laureati, non
potendo sfruttare le competenze acquisite, sono costretti ad emigrare, al Sud restano i meno istruiti, in particolare i cosiddetti Neet, cioè coloro che non
lavorano e non studiano. A segnalare questa ‘novità sociale’ sono quasi tutte
le indagine statistiche pubblicate negli ultimi anni. Il Mezzogiorno è entrato in un circolo vizioso, nel senso che con le risorse umane migliori costrette ad emigrare le inefficienze
nell’apparato politico ed istituzionale inevitabilmente si accentueranno e di
conseguenza aumenteranno i ritardi nello sviluppo della struttura economica e
produttiva. Il sistema Italia continuerà
così a creare ingiustizie e privilegi, soprattutto territoriali tra il Nord
e il Sud del paese. Cosa aspettano i responsabili della classe dirigente e
politica nazionale ad affrontare la questione occupazionale ed in particolare la
Questione meridionale?
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