di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Il 'Quarto Stato' di Giuseppe Pellizza, 1901 (foto da it.wikipedia.org) |
Nel 1886 nelle fabbriche si lavorava anche 16 ore al giorno e la ‘sicurezza’ non era neppure presa in considerazione ed i morti sul lavoro erano un fatto quotidiano. Tre anni dopo da quei tragici eventi, il 20 luglio del 1889, a Parigi, durante il primo congresso della Seconda Internazionale, fu deciso dai partiti socialisti e laburisti europei di indire ogni primo maggio una manifestazione per ridurre la giornata lavorativa ad 8 ore. Da allora, in quel giorno dell'anno si celebra la festa dei lavoratori.
Oggi la dignità del lavoro è riconosciuta in quasi tutto il mondo. Due secoli di lotte operaie e contadine, di scioperi e di vittime innocenti non sono state vane. È cresciuta l’importanza del ruolo e della professionalità dei lavoratori. Ma non tutto è dato per sempre. Nulla è gratis e non ci può essere cambiamento senza impegno e conflitto sociale. Per molti il lavoro è vissuto ancora come un'imposizione che si è disposti a subire solo per garantire un minimo di sussistenza economica alla propria famiglia. Si tratta, di occupazioni occasionali o di attività precarie e mal retribuite. A cui si devono aggiungere luoghi di lavoro spesso pericolosi ed alienanti e datori di lavoro improvvisati ed autoritari.
Il lavoro deve diventare un'attività che consenta ad ognuno la possibilità di esprimere la propria creatività e le proprie capacità. Non basta più lottare per la conquista dei diritti, è giunto, per i lavoratori, il tempo di battersi per ricoprire ruoli di primo piano nelle scelte e nelle decisioni strategiche su cosa, su come e per chi produrre.
‘Un uomo che non ha un lavoro, che vive nella miseria, non è libero’. Certo. La libertà dal bisogno ha come presupposto il lavoro, a condizione, però, che esso non sia una necessità economica o peggio ancora un'attività da svolgere per garantire il profitto e la ricchezza di pochi.
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