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martedì 26 dicembre 2017

Banca Etruria e le tre 'scimmiette'

Quando i siciliani, e non solo, non intendono immischiarsi in una vicenda ‘poco chiara’ fanno finta di non saperne nulla nella consapevolezza che è meglio non inimicarsi i ‘poteri forti’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi e Maria Elena Boschi - (foto da investireoggi.it)
Le comunicazioni fatte nei giorni scorsi davanti alla commissione d’inchiesta parlamentare dai responsabili del controllo sulle banche e sul risparmio è stato simile a quello delle tre ‘scimmiette’ che è come dire: ‘non vedo, non sento, non parlo’. Il senso delle loro dichiarazioni, in relazione alle presunte ingerenze su Banca Etruria fatte dall’ex ministra delle Riforme del governo di Matteo Renzi, Maria Elena Boschi, è interpretabile. L’attuale sottosegretaria dell’esecutivo di Paolo Gentiloni avrebbe chiesto solo informazioni ma non avrebbe fatto ‘pressioni’, è questo il senso delle comunicazioni di Giuseppe Vegas (Consob), Ignazio Visco (governatore della Banca d’Italia) e dall’ex ad di Unicredit Federico Ghizzoni. Insomma, è come se avessero ‘detto e non detto’ per non inimicarsi i ‘poteri forti’.
Giuseppe Vegas, Pier Carlo Padoan, Ignazio Visco, Federico
Ghizzoni - (foto da lettera43.it)
Le vicende della banca aretina dimostrano, ancora una volta, come i sistemi di controllo sul risparmio siano inutili e di come la politica e, più in generale, la classe dirigente utilizzino gli enti pubblici come fossero ‘cosa loro’, li adoperano, cioè, per favorire questo o quell’amico nella più totale indifferenza per la sorte degli investimenti fatti, spesso inconsapevolmente, dai piccoli risparmiatori. L’esponente del Partito democratico nelle ultime settimane ha incontrato i responsabili della vigilanza sulle banche. Lo scopo era avere informazioni sul tentativo di salvataggio di Banca Etruria che, è bene ricordarlo, è stata amministrata, con un ruolo di primo piano, dal padre della sottosegretaria. Il conflitto d’interesse era evidente eppure Maria Elena Boschi ritiene di non avere nulla da rimproverarsi e, pertanto, non è disposta a rinunciare al suo incarico. Inoltre, l’ex ministra ha negato di essersi occupata della vicenda asserendo che non ha fatto ‘pressioni’, ma è intervenuta solo per avere ‘info’ (informazioni). Ma, la principale collaboratrice dell’ex sindaco di Firenze pensa veramente che gli italiani siano così ingenui? Del resto c’era da aspettarselo, se non si è dimessa dopo la sconfitta nel referendum costituzionale, perché avrebbe dovuto farlo adesso e rinunciare alla candidatura nelle prossime elezioni politiche? Se poi questo significa far crollare definitivamente il Pd e con esso il Centrosinistra, pazienza, ‘muoia Sansone con tutti i Filistei’. Del resto, l’obiettivo di Matteo Renzi è un governo di larghe intese, e magari Maria Elena tornerà a fare la ministra delle Riforme, non importa di quali, ciò che conta è il potere e la poltrona, come nel peggior trasformismo democristiano, che ancora oggi continua ad essere praticato diffusamente dai deputati e dai senatori di tutti gli schieramenti. 

lunedì 11 gennaio 2016

La Camera ha approvato il testo definitivo della riforma costituzionale

La Camera ha approvato con una larga maggioranza il ddl Boschi sulla riforma costituzionale, ecco cosa cambierà

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Maria Elena Boschi
La Camera ha approvato con 367 si, 194 contrari e 5 astenuti il testo sulla riforma della Costituzione. Il Parlamento, come previsto dall’articolo 138 della Costituzione, dovrà pronunciarsi ancora due volte, ma sarà solo per esprimere un ‘si’ o un ‘no’, poi, presumibilmente nel mese di ottobre, seguirà il referendum confermativo.
Vediamo in sintesi cosa cambierà.
La Camera continuerà ad essere composta da 630 deputati e sarà la sola a votare la fiducia al Governo.
Il Senato sarà composto da 5 membri nominati dal Capo dello Stato e da altri 95 eletti dai Consigli Regionali, che sceglieranno 21 sindaci (uno per ogni Regione) e 74 consiglieri-senatori. Dopo la modifica voluta dalla minoranza del Partito democratico saranno i cittadini che, al momento di eleggere i Consigli regionali, indicheranno quali consiglieri saranno anche senatori. In sostanza quella dei Consigli Regionali sarà una ratifica della scelta fatta dagli elettori. Il metodo di elezione sarà quello proporzionale. I nuovi senatori resteranno in carica sette anni ed avranno competenza piena solo sulle leggi costituzionali. Godranno delle stesse immunità dei deputati, pertanto non potranno essere sottoposti ad intercettazioni o essere arrestati senza l’autorizzazione del Senato.
La Camera dei deputati
Sarà riportata sotto la competenza dello Stato la legislazione sull’energia, sulle infrastrutture strategiche e sul sistema nazionale della protezione civile. Inoltre la Camera, su richiesta del Governo potrà, ‘quando lo richiederà la tutela nazionale’, approvare leggi di competenza delle Regioni.
I regolamenti parlamentari dovranno indicare un tempo certo per approvare i ddl del Governo.
Il Presidente della Repubblica sarà eletto dai 630 deputati e dai 100 senatori. Nei primi tre scrutini occorrerà una maggioranza dei due terzi, dal quarto si scenderà a tre quinti, dal settimo sarà sufficiente una maggioranza dei tre quinti dei votanti.
Dei 15 membri della Corte Costituzionale, tre saranno eletti dalla Camera e 2 dal Senato.
Il quorum delle firme sul referendum sarà di 800.000 e per renderlo valido basterà la metà degli elettori delle ultime elezioni politiche.
Sui ddl d’iniziativa popolare le firme necessarie salgono a 150.000, ma i regolamenti della Camera dovranno stabilire tempi certi per il loro esame.
Sarà introdotto il ricorso preventivo sulle leggi elettorali alla Corte Costituzionale su richiesta di un quarto dei componenti della Camera.
Saranno abrogate le Province e il Cnel.