Ridurre
il cuneo fiscale ed il debito pubblico, a sostenerlo è la magistrature
contabile, ma non spiega come questo debba avvenire ed a spesa di chi
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Foto da ansa.it |
Nel Rapporto 2017
sulla finanza pubblica la Corte dei Conti afferma che il cuneo fiscale in Italia è ‘di ben 10 punti’ superiore a quello che si
registra mediamente in Europa. Il 49% della busta paga viene trattenuto ‘a
titolo di contributi e di imposte’. I magistrati della Corte denunciano l’esigenza
di ridurre la pressione fiscale in quanto ‘un’esposizione tributaria tanto marcata
non aiuta il contrasto all’economia sommersa e alla lotta all’evasione’.
‘L’andamento
dell’economia italiana – sottolinea la Corte – sembra aver segnato
un’inversione di marcia verso un’espansione meno fragile e più qualitativa’.
Nello stesso tempo si ribadisce che il risanamento finanziario è, per il nostro
Paese, ‘più faticoso anche se necessario considerato il maggior livello del
debito. Occorre quindi – secondo il Rapporto – porre il debito su un sentiero
discendente, non troppo ripido ma costante, procedendo speditamente alle azioni
di riforme strutturali per sostenere la crescita e migliorare, anche sotto
questo profilo, le condizioni di sostenibilità della finanza pubblica’.
L'incipit de 'Il Gattopardo' (foto da wikipedia.org) |
Sono
decenni che si discute del cuneo fiscale e della necessità di ridurlo, ma si
evita di dire con quali risorse finanziarie questo debba avvenire. La Corte dei Conti sottolinea anche
la necessità di ridurre il debito pubblico, ma non dice come, perché? Le misure
da prendere sarebbero impopolari e di conseguenza nessuno ne parla, nessuno ne
indica i relativi provvedimenti. Per diminuire
il cuneo fiscale ed il debito pubblico occorre ridistribuire la ricchezza oppure
tagliare la spesa pubblica, vale a dire meno pensioni, meno scuola
pubblica, meno assistenza sanitaria, meno sprechi e regalie a cominciare dai
privilegi e dagli stipendi d’oro degli stessi magistrati della Corte dei Conti.
Quello
che si legge nel Rapporto è, quindi, l’ennesima enunciazione demagogica di chi afferma cosa è opportuno fare, ma non spiega i sacrifici che sono necessari per realizzare
quell’obiettivo. Allora è meglio non dirlo oppure far finta di ‘cambiare tutto
per non cambiare niente’ come scriveva nel 1958 Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne
‘Il Gattopardo’.
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