Continua
da oltre ventitre giorni la protesta della popolazione di Gela a difesa del
petrolchimico dell’Eni, ma la vicenda sembra una ripetizione di quanto già
avvenuto a Termine Imerese
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
|
Gela (foto wikipedia.org) |
Nel
gennaio del 2010 il nuovo amministratore delegato della Fiat,
Sergio Marchionne, annunciava l’irrevocabilità della chiusura dello
stabilimento siciliano. La dismissione si concretizzerà il 31 dicembre del
2011. Tra le tante ipotesi di salvataggio della fabbrica c’era la riconversione
per la costruzione di auto elettriche da parte del gruppo italiano DR Motor
Company. Ma l’accordo fallisce e dal 1° gennaio 2015 lo stabilimento passa alla
newco Blutec. L’azienda ha assicurato pochi giorni fa che entro aprile del 2016 saranno
avviati al lavoro i primi 50 operai con il compito di allestire la nuova
fabbrica ed altri 200 dovrebbero iniziare a lavorare entro la fine dell’anno, mentre non si sa bene che fine faranno gli altri operari dell’ex stabilimento
Fiat e gli oltre 1000 addetti dell’indotto.
|
Il pertrolchimico Eni di Gela |
La
vicenda del petrolchimico di Gela sembra una ripetizione di quella di Termini Imerese. Il nuovo piano industriale dell’Eni
ha previsto la riduzione della produzione con la chiusura dello stabilimento nella piccola città siciliana, ma con la promessa di riconvertirlo in una green
economy. L’accordo stipulato nel 2014 tra l’azienda di Stato, la Regione ed il
Governo nazionale prevede, infatti, la ristrutturazione della fabbrica e
soprattutto il salvataggio dei posti di lavoro. Intanto, seicento dei settecento
operai dello stabilimento sono stati ‘trasferiti’ e milleduecento addetti dell’indotto
sono in cassa integrazione.
Insomma, Gela
come Termini Imerese,
ma con l’aggravante che la piccola città della provincia di Caltanissetta pur
di garantire i posti di lavoro ai propri concittadini ha rinunciato al mare pulito,
ai boschi verdi e all’aria respirabile. I gelesi, per oltre cinquant’anni hanno
accettato di tutto pur di avere e mantenere la fabbrica. Ora, i ritardi nella realizzazione
dell’accordo stanno preoccupando i lavoratori e l’intera popolazione.
|
Lo stabilimento Fiat di Termine Imerese |
Riusciranno Gela e con essa la Sicilia a vincere la battaglia del lavoro? La Fiat chiude lo stabilimento di
Termini Imerese, L’Eni il petrolchimico, le trivelle nel Mediterraneo non le
vuole nessuno e l’eventuale bonifica dell’area costerebbe troppo e per i
sindacati sarebbe un salto nel buio.
Ai lavoratori non resta che sperare nel rispetto dell’intesa, ma questa storia assomiglia sempre più a quella di Termini Imerese ed a quella di tante altre realtà del Mezzogiorno che più di
ogni altra area geografica del paese stanno pagando gli effetti della crisi e
decenni di ritardi e di politiche economiche sbagliate decise sulla 'pelle' dei meridionali.
Nessun commento:
Posta un commento