Nel
2015 il giro d’affari delle ‘Agromafie’ ha superato i 16 miliardi di euro. Questo
è quanto emerge dal quarto Rapporto sui crimini agroalimentari elaborato da
Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul
sistema agroalimentare
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
L’indagine
ha preso in considerazione
la diffusione e l’intensità del fenomeno delinquenziale, le conseguenze degli
eventi denunciati ed i fattori economici e sociali. I reati più frequenti rilevati
dal Rapporto sono l’usura, il racket, i furti di attrezzature e macchinari
agricoli, le macellazioni clandestine ed i danneggiamenti alle colture.
A
livello territoriale il
controllo criminale del territorio è praticamente totale in Calabria, in
Sicilia ed in misura minore in Campania, ma dall’indagine emerge che esso è
‘forte e stabile’ anche in Abruzzo ed in Umbria, nel Grossetano e nel Lazio ed
è presente anche al Nord, in particolare in Piemonte, nell’Alto lombardo, nella
provincia di Venezia e nelle province lungo la Via Emilia.
L’obiettivo
dei clan è di imporre
la vendita di determinate marche o prodotti agli esercizi commerciali e, in
alcuni casi, indebitarli al punto da costringerli al fallimento per acquisirne, successivamente, la proprietà. In tal modo essi realizzano
ingenti guadagni, impediscono la concorrenza e strozzano la libera imprenditoria.
Inoltre, le infiltrazioni malavitose compromettono la qualità dei prodotti, provocano
l’aumento dei prezzi fino a quattro volte quelli di mercato ed intaccano
l’immagine dei Made in Italy.
L’unico
aspetto positivo del fenomeno
è che, a differenza di quanto avviene all’estero, le informazioni sulle ‘Agromafie’
sono continue e numerose, perché nel nostro Paese esiste un sistema di
controlli severissimo. Ed è per questo che, nonostante la diffusione, da Sud a
Nord, della criminalità organizzata, i nostri cibi sono sani ed i più sicuri al
mondo.
Nessun commento:
Posta un commento