venerdì 17 giugno 2016

Giuseppe Antoci: ‘L’autocombustione è un favoletta’


Per il presidente del Parco dei Nebrodi gli incendi sviluppatisi ieri su gran parte del territorio dei Nebrodi sono dolosi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da anni60news.com
"All'autocombustione credono solo i bambini. E' una favoletta. Soprattutto se si considera che ci sono state decine di incendi contemporaneamente. Non è possibile che tutta l'Isola prenda fuoco per caso nello stesso momento". Questo è quanto ha dichiarato all’Ansa il Presidente del parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci.
Ed ha aggiunto: "Il territorio è stato massacrato. Io sono certo che ci sia dolo e so anche che sarà difficilissimo provarlo, perché usano mille tecniche diverse, alcune impossibili da smascherare come dare fuoco agli animali che, scappando, poi diffondono le fiamme".
Giuseppe Antoci
Ieri numerosi incendi hanno bruciato il territorio nei comuni di Capo d'Orlando, S. Agata Militello, Naso, Torrenova, Militello Rosmarino, Tusa, Mistretta, Motta d’Affermo, S. Stefano di Camastra. Per tutto il giorno, i vigili del fuoco, i carabinieri ed il Corpo di vigilanza del Parco sono stati impegnati nelle operazioni di spegnimento.
A causa dei roghi l’autostrada A20 è stata chiusa nel tratto tra Rocca di Caprileone e S. Stefano di Camastra, la corrente elettrica e le linee telefoniche hanno subito diverse interruzioni, per tutto il giorno l’aria è stata irrespirabile sia per il forte vento di scirocco che per l’odore acre provocato dagli incendi, numerose pietre ed i resti degli alberi bruciati sono caduti sulla strada statale, l’unica via percorribile dagli automobilisti.
Per il presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, vittima poche settimane fa di un attentato mafioso, non ci sono dubbi gli incendi sono stati opera della agromafie che da tempo operano nell’area: "Noi, qui al parco faremo la guerra ai piromani. Metteremo telecamere, controlleremo ogni centimetro e se se ne prenderà qualcuno, ci costituiremo parte civile. Non daremo tregua a chi incendia le nostre terre, sarà guerra spietata fin quando non verranno assicurati alla giustizia".

domenica 12 giugno 2016

‘Tax day’ per 25 milioni di italiani, ma ad essere penalizzati sono soprattutto i disoccupati, i pensionati al minimo ed i piccoli imprenditori

Entro il 16 giugno gli italiani saranno obbligati a versare gli acconti o i saldi sulla Tasi, sull’Imu, sull’Irpef, e, se si tratta di imprese o liberi professionisti, di diversi altri tributi 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto havingfunsaving.com
Secondo i calcoli fatti dalla Uil, a pagare l’acconto dell’Imu e della Tasi per gli immobili sulla seconda casa saranno quasi 25 milioni di italiani. In totale nelle casse dello Stato e degli Enti locali entreranno, per queste due imposte, circa 10,1 miliardi di euro per l’acconto ed altrettanti per il saldo di dicembre, in totale saranno circa 20,2 miliardi di euro.
L’esborso medio totale sarà di 1.070 euro, che nelle grandi città raggiungerà i duemila euro. Sulle prime case di lusso peserà mediamente per 2.610 euro, ma in alcuni casi raggiungerà i seimila euro. La città con l'aliquota più alta è Roma, dove in media saranno versati 2.064 euro, mentre il valore più contenuto è ad Asti con 580 euro medi.
Con l’abolizione della Tasi sulla prima casa il risparmio maggiore sarà per i cittadini di Torino, dove si registrerà un calo medio di 403 euro a famiglia, mentre ad Asti il risparmio sarà, mediamente, di 19 euro.
Foto Agenzia delle Entrate
Ad essere penalizzati con i tributi patrimoniali sono le categorie sociali più deboli come pensionati al minimo, disoccupati e titolari di piccole imprese artigiane. Le imposte sulla casa che gli italiani sono chiamati a versare nei prossimi giorni sono necessarie per ‘risanare’ le disastrate casse dello Stato e degli Enti locali, ma sono inique perché esse non tengono conto del reddito del proprietario e non considerano l’uso o meno dell’immobile oggetto del tributo. Un libero professionista, un’impresa artigiana o una piccola attività imprenditoriale utilizza l’immobile per svolgere la propria professione o produzione, ma le aliquote previste dall’Imu e dalla Tasi per lo studio o il laboratorio sono uguali a quelle delle seconde case.
Inoltre, non tengono conto dell’uso o meno dell’immobile. In un piccolo Comune del profondo Sud il proprietario di una seconda casa spesso non riesce a sfruttarla economicamente, non riesce cioè ad affittare o vendere l’immobile che ha disposizione, ma, nello stesso tempo, è obbligato a pagare i due tributi come se fossero case di villeggiatura. Invece, spesso, si tratta d’immobili costruiti con enormi sacrifici per i figli che magari nel frattempo sono stati costretti ad emigrare.
L’articolo 53 della Costituzione sancisce il principio della capacità contributiva, ma con i tributi patrimoniale esso non si realizza, anzi accresce le disuguaglianze e le ingiustizie. Alcune correzioni normative devono essere fatte, intanto, però, gli italiani sono chiamati a pagare tutti, sia che essi siano economicamente benestanti, disoccupati o precari.

martedì 31 maggio 2016

Ignazio Visco: ‘Per sostenere la ripresa sono necessari gli investimenti pubblici ed il taglio del cuneo fiscale’

Più investimenti pubblici, taglio delle tasse sul lavoro, lotta all’evasione fiscale  e riforma della P.A. sono, secondo il Governatore della Banca d’Italia, le priorità per consolidare la ripresa economica

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Ignazio Visco
‘La ripresa è ancora da consolidare. Le previsioni di consenso indicano per l'Italia il ritorno ai livelli di reddito precedenti la crisi in un tempo non breve, sono deludenti le valutazioni sul potenziale di crescita della nostra economia. Si deve, e si può, fare di più’. Questo è quanto ha detto il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nelle considerazioni finali sulle condizioni dell’economia.
‘Nel 2016, uno stretto controllo dei conti pubblici e la realizzazione del programma di privatizzazioni possono consentire di avvicinare il più possibile il rapporto tra debito e prodotto a quanto programmato e garantirne una riduzione significativa nel 2017".
‘Benessere e sicurezza sono beni primari: il tentativo di garantirli dando alle sfide globali risposte frammentate, di tenere le minacce fuori dall'uscio di casa tornando a erigere barriere nazionali ha però ben poche probabilità di riuscita, causa danni certi e ingenti’. Il Governatore auspica inoltre un ‘salto di qualità’ in Ue e cita Altiero Spinelli che voleva un'unione ‘che spezzi decisamente le autarchie economiche’.
La domanda di lavoro è tornata a crescere a un ritmo superiore alle attese di un anno fa ed il tasso di disoccupazione dei giovani è sceso per la prima volta dal 2007 di oltre due punti percentuali, ma ‘la disoccupazione resta però troppo alta’.
‘Per una ripresa più rapida e duratura è necessario il rilancio degli investimenti pubblici’ ed è importante anche ‘un'ulteriore riduzione del cuneo fiscale gravante sul lavoro’. Ed ancora: "è possibile programmare l'attuazione di questi interventi su un orizzonte temporale più ampio’.
‘La legalità è condizione cruciale per lo sviluppo. L'azione di contrasto dell'evasione fiscale, della corruzione e della criminalità organizzata può permettere di sostenere l'attività delle tante imprese competitive’. Per il Governatore le priorità di riforma sono: rimozione illegalità, ridare efficienza a Pubblica amministrazione, giustizia civile, investimenti nell’innovazione e nella ricerca del capitale umano.

giovedì 19 maggio 2016

Giuseppe Antoci: ‘E’ la mafia che deve avere paura’

Il presidente del Parco dei Nebrodi non si fa intimidire dalla mafia, anzi va all’attacco e dichiara: ‘li colpiremo con legnate ancora più forti’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Da quando nel 2013 è stato nominato da Rosario Crocetta presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci ha subito diversi avvertimenti dalle famiglie mafiose che agiscono tra le province di Messina, Enna e Catania. Tra questi una lettera di minacce di morte: ‘Finirai Scannatu tu e Crocetta’. Era il dicembre del 2014. Ora l’agguato sulle strade dell’entroterra messinese, tra Cesarò e San Fratello.
Ma Giuseppe Antoci non si lascia intimidire e va all’attacco: ‘Da oggi – ha dichiarato -  parte la fase due: è la mafia che deve avere paura, li colpiremo con legnate ancora più forti. Io non mi fermo, continuerò a fare soltanto il mio lavoro e il mio dovere. Ho riposato e dopo la fase uno, parte la fase due: andare avanti senza fermarsi con maggiore determinazione’.
‘Quello che emerge – ha detto il procuratore di Messina Guido Lo Forte - è che la mafia sta rialzando la testa, la terza mafia della provincia di Messina quella dei Nebrodi, una delle organizzazioni criminali tra le più antiche e pericolose. Dopo che i clan di Barcellona Pozzo di Gotto e di Messina sono stati colpiti in maniera forte anche dalle operazioni antimafia, i Batanesi e i Tortoriciani stanno cercando di recuperare terreno e spazi’.
‘Con l’agguato ad Antoci la mafia ha alzato il tiro, lo Stato deve reagire in modo adeguato. Propongo – ha dichiarato in una conferenza stampa il presidente della regione Sicilia, Rosario Crocetta - l’invio dell’esercito nei comuni del Parco dei Nebrodi e perquisizioni a tappeto nelle campagne come ai tempi del sequestro Moro e dei Vespri siciliani’. Ed ancora: ‘Senza un’adeguata reazione da parte dello Stato passerebbe il messaggio di un via libera alla nuova stagione stragista’. ‘Non basta – conclude Crocetta – rafforzare la scorta ad Antoci e ai sindaci più esposti nell’area dei Nebrodi perché quello che è accaduto è un atto di guerra di altissimo livello, che non si registrava più da anni in Sicilia. Bisogna agire subito. Lo Stato deve intervenire con perquisizioni a tappeto che non diano tregua alle famiglie mafiose’.


sabato 14 maggio 2016

Palermo – Verona e la bufala dei 40 milioni di euro

L’articolo pubblicato dal Corriere dello Sport è un attacco a Maurizio Zamparini? O contro il Palermo ed i tifosi siciliani? Ma forse è solo ‘cattivo’ giornalismo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I conteggi fatti nei giorni scorsi dal Corriere dello Sport sulla presunta ‘norma ad squadram per salvare Zamparini’ non sono esatti. L’insinuazione di una possibile ‘combine’ è senza fondamento. Il regolamento approvato dalla Lega il 26 febbraio scorso ha incrementato a 60 milioni di euro l’importo da assegnare alle squadre che retrocedono in Serie B. Le ipotesi possibili, a poche ore dall’ultimo turno di campionato, sono due. Il Verona in caso di sconfitta a Palermo percepirà 25 milioni di euro e ne incasserà altri 15 solo nel caso in cui, al termine del prossimo campionato, non dovesse risalire immediatamente in Serie A. Se invece vince o pareggia a Palermo ed il Carpi pareggia o vince ad Udine farà retrocedere la squadra siciliana percependo in tal caso sempre 25 milioni di euro, ma soltanto dieci se, il prossimo anno, non dovesse risalire subito in Serie A.
La differenza tra la retrocessione o meno del Palermo è, per il Verona, di cinque milioni di euro e non di quaranta. Inoltre se i Rosanero retrocederanno percepiranno 15 milioni di euro. Il vero salvataggio per Maurizio Zamparini sarebbe questo e non la salvezza. Insomma il Corriere dello Sport, in compagnia di altri mezzi di comunicazione, pur di ipotizzare la malafede della Lega, del Palermo e del Verona si è inventato una bufala colossale.
L’affermazione del giornale sportivo è ridicola anche per un altro aspetto. La norma stabilita dalla Lega è sacrosanta. Le squadre di calcio incassano ogni anno per i diritti televisivi oltre un miliardo di euro. Il fatto di utilizzarne sessanta per salvaguardare i bilanci delle squadre che retrocedono in Serie B è necessario ed indispensabile se si vogliono evitare i fallimenti dei club. Inoltre la norma è stata votata da tutte le squadre di Serie A, ma con l’opposizione del Palermo e del Chievo, particolare che il quotidiano romano non precisa.
Se domani il Verona, già retrocesso, vince a Palermo ed il Carpi pareggia o vince ad Udine, già salvo, cosa scriveranno i giornalisti del Corriere dello Sport?

sabato 7 maggio 2016

Il bluff dei ‘Patti per il Sud’

Nelle ultime due settimane il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha firmato i ‘Patti per il Sud’, ma sindaci e governatori lamentano una diminuzione dei finanziamenti per il Mezzogiorno 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

‘Renzi ha raccolto quel che già c’è, sia in termini finanziari che di progetti’ ha dichiarato alla La Stampa l’economista Giancarlo Viesti ed ha aggiunto: ‘Il Fondo Sviluppo e Coesione nasce come intervento aggiuntivo rispetto ai fondi ordinari, per questo è riservato in gran parte alle regioni più deboli. Negli Anni 90 Ciampi fece pubblicare una tabellina semplice ma fondamentale, che comprendeva per ogni regione i fondi ordinari e straordinari. Così si capiva se questi ultimi erano realmente aggiuntivi o sostituivano i primi. Di questa tabellina non c’è più traccia, quindi il dubbio è legittimo: non è che Renzi mette nel patto per la Campania fondi ordinari, gli stessi della Lombardia a cui arrivano senza bisogno di firmare un patto con Maroni?’.
In sostanza i finanziamenti previsti con i Patti per lo sviluppo firmati da Matteo Renzi con i Sindaci delle città del Sud per realizzare infrastrutture, aiuti alle imprese, alla cultura e alla scuola, sarebbero in realtà per oltre il 71% fondi già stanziati dai governi precedenti.
I finanziamenti per il Sud fanno riferimento al Fondo Sviluppo e Coesione che in gran parte fa uso dei fondi europei. Il ciclo iniziato nel 2014 durerà sette anni e per legge l’80% dei soldi devono andare al Sud. Ma soltanto dopo la pubblicazione da parte dello Svimez (Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno) del rapporto annuale sull’economia del Mezzogiorno che denuncia per il Meridione una condizione di allarme povertà e di sottoviluppo permanente oltreché una crescita inferiore a quella Greca, che il governo guidato da Matteo Renzi annuncia, con due anni e mezzo di ritardo, un ‘masterplan per il Sud’.
Nel frattempo la dotazione del Fsc si è ridotta da cinquantacinque a trentotto miliardi di euro. Diciassette miliardi, infatti, sono già stati utilizzati per finanziare la banda larga e il piano di ricerca e sviluppo. La beffa sta nel fatto che soltanto il 27% di questi fondi è andato al Sud.