Nonostante
gli impegni presi dall’Eni nel 2014 nulla è stato fatto e centinaia di
lavoratori dell’indotto del petrolchimico di Gela ora rischiano il
licenziamento
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
La
protesta dei lavoratori del petrolchimico di Gela è riesplosa dopo che 68 addetti della dell’impresa
‘Elettroclima’ e quattro della ‘Nuova X Gamma’ hanno ricevuto le lettere di
licenziamento e con la contemporanea messa in cassa integrazione dei lavoratori
della ‘Sudelettre’ e della ‘Smim Impianti’.
I
cancelli della fabbrica,
ferma da due anni, sono stati bloccati dal personale della raffineria per
protestare contro i nuovi licenziamenti e per il mancato rispetto degli accordi
sottoscritti nel protocollo d’intesa firmato nel novembre del 2014. In quell’occasione
l’Eni si era impegnata ad investire 2,2 miliardi di euro per la riconversione, entro
il 2017, dello stabilimento in ‘green refinery’ e per effettuare la ricerca di
nuovi giacimenti di gas e petroli in Sicilia.
Ad
oggi nulla è stato fatto,
anzi l’apertura di dieci cantieri di lavoro prevista dall’accordo stipulato tra
l’azienda, il Governo ed i rappresentanti dei lavoratori, non è ancora avvenuta.
Intanto, a fine dicembre per centinaia di lavoratori dell’indotto scadrà la
cassa integrazione in deroga garantita dal Governo regionale e per molti di
essi si profila il licenziamento se non riprenderanno le attività lavorative
della raffineria.
Il
sindaco di Gela,
Domenico Messinese, impegnato in tutti i tavoli di trattativa, ha avanzato il sospetto che l’Eni non voglia rispettare gli
impegni presi ed ha lanciato, su facebook, un accorato appello all’azienda ed al
Governo: ‘Nessuno deve rimanere indietro!! Gela si merita un futuro migliore,
prospero e dignitoso per tutti i cittadini. Non vi lasciamo soli!!’.
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