Tra
il 2010 ed il 2014 la percentuale di nuclei familiari in precarie condizioni
economiche è aumentata dell’1,2% per i pensionati, dell’1% per i dipendenti e
del 5,1% per i titolari di partita Iva
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Lo
scorso anno il 24,9% delle famiglie con reddito principale da lavoro autonomo ha
vissuto con una disponibilità economica inferiore a 9.455 euro, considerata
dall’Istat come soglia di povertà. La
percentuale scende al 20,9% per i nuclei familiari con reddito da pensione ed al
14,6% per quelle con reddito da lavoro dipendente. Insomma la povertà si concentrerebbe
soprattutto tra gli autonomi, a sostenerlo è uno studio della Cgia di Mestre.
La
riduzione maggiore si è verificata nel Mezzogiorno con il -7,5% (-120.700 unità), seguito dal Nordest con il -5,8%
(-67.800 unità) e dal Nordovest con il -5,3% (-82.500 unità), mentre il Centro
ha fatto registrare una crescita dell’1% (+11.330 unità). Dall’inizio della
crisi (2008) al primo semestre di quest’anno i lavoratori autonomi sono
diminuiti di quasi 260mila unità, cioè il 4,8%, mentre il numero di lavoratori
dipendenti si è ridotto di 408mila unità, che in termini percentuali rispetto
al totale corrisponde al 2,4%. Il calo più significativo è stato registrato con
il 14,6% in Emilia Romagna, seguita con il 13,7% dalla Campania e con il 13,3%
dalla Calabria.
“Purtroppo
questi dati dimostrano che la precarietà presente nel mondo del lavoro si
concentra soprattutto tra il popolo delle partite Iva. Sia chiaro, la questione non va
affrontata ipotizzando di togliere alcune garanzie ai lavoratori dipendenti per
darle agli autonomi, ma allargando l’impiego di alcuni ammortizzatori sociali
anche a questi ultimi che, almeno in parte, dovrebbero finanziarseli”. Questo è
quanto ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre,
Paolo Zabeo ed ha aggiunto: “Quando un
lavoratore dipendente perde momentaneamente il posto di lavoro può disporre di
diverse misure di sostegno al reddito. E nel caso venga licenziato può contare
anche su una indennità di disoccupazione. Un autonomo, invece, non ha alcun paracadute. Una volta chiusa l’attività
è costretto a rimettersi in gioco affrontando una serie di sfide per molti
versi impossibili. Oggigiorno è difficile trovare un’altra occupazione; l’età
spesso non più giovanissima e le difficoltà congiunturali costituiscono un
ostacolo insormontabile al reinserimento nel mondo del lavoro”.
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