lunedì 7 dicembre 2015

Il 24,9% dei lavoratori autonomi vive sotto la soglia di povertà

Tra il 2010 ed il 2014 la percentuale di nuclei familiari in precarie condizioni economiche è aumentata dell’1,2% per i pensionati, dell’1% per i dipendenti e del 5,1% per i titolari di partita Iva 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Lo scorso anno il 24,9% delle famiglie con reddito principale da lavoro autonomo ha vissuto con una disponibilità economica inferiore a 9.455 euro, considerata dall’Istat come soglia di povertà. La percentuale scende al 20,9% per i nuclei familiari con reddito da pensione ed al 14,6% per quelle con reddito da lavoro dipendente. Insomma la povertà si concentrerebbe soprattutto tra gli autonomi, a sostenerlo è uno studio della Cgia di Mestre.
La riduzione maggiore si è verificata nel Mezzogiorno con il -7,5% (-120.700 unità), seguito dal Nordest con il -5,8% (-67.800 unità) e dal Nordovest con il -5,3% (-82.500 unità), mentre il Centro ha fatto registrare una crescita dell’1% (+11.330 unità). Dall’inizio della crisi (2008) al primo semestre di quest’anno i lavoratori autonomi sono diminuiti di quasi 260mila unità, cioè il 4,8%, mentre il numero di lavoratori dipendenti si è ridotto di 408mila unità, che in termini percentuali rispetto al totale corrisponde al 2,4%. Il calo più significativo è stato registrato con il 14,6% in Emilia Romagna, seguita con il 13,7% dalla Campania e con il 13,3% dalla Calabria.
“Purtroppo questi dati dimostrano che la precarietà presente nel mondo del lavoro si concentra soprattutto tra il popolo delle partite Iva. Sia chiaro, la questione non va affrontata ipotizzando di togliere alcune garanzie ai lavoratori dipendenti per darle agli autonomi, ma allargando l’impiego di alcuni ammortizzatori sociali anche a questi ultimi che, almeno in parte, dovrebbero finanziarseli”. Questo è quanto ha dichiarato il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, Paolo Zabeo ed ha aggiunto: “Quando un lavoratore dipendente perde momentaneamente il posto di lavoro può disporre di diverse misure di sostegno al reddito. E nel caso venga licenziato può contare anche su una indennità di disoccupazione. Un autonomo, invece, non ha alcun paracadute. Una volta chiusa l’attività è costretto a rimettersi in gioco affrontando una serie di sfide per molti versi impossibili. Oggigiorno è difficile trovare un’altra occupazione; l’età spesso non più giovanissima e le difficoltà congiunturali costituiscono un ostacolo insormontabile al reinserimento nel mondo del lavoro”.

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