venerdì 14 ottobre 2016

Non ci può essere crescita economica senza ridurre le disuguaglianze

Eugenio Scalfari in un editoriale su repubblica.it sostiene la necessità della ‘patrimoniale’ perché essa ‘attenua le diseguaglianze ed incita occupazione e consumi’  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Eugenio Scalfari - (Foto da huffintonpost.it)
La crescita economica è determinata dall’incremento dei consumi e degli investimenti. I primi crescono aumentando le retribuzioni più basse o creando nuovi posti di lavoro. Questi ultimi dipendono dagli investimenti sia pubblici che privati. Lo Stato e gli enti locali possono farlo solo incrementando le entrate tributarie oppure il debito pubblico. Ovviamente il presupposto indispensabile per attuare politiche di ‘deficit spending’ è un debito sovrano sostenibile, eccessivi ed ulteriori disavanzi del bilancio sarebbero pericolosi e potrebbero provocare il default com’è avvenuto in Grecia, in Argentina, ecc.. 
Foto da wallstreetitalia.com
Dal 2011 in Italia l’unica alternativa ‘pubblica’ praticabile per favorire la crescita economica è la redistribuzione della ricchezza. L’ipotesi, non nuova, è stata formulata da Eugenio Scalfari in un suo editoriale su repubblica.it. Il ragionamento del giornalista romano è semplice ed è il seguente: sulle buste paga dei lavoratori gravano contributi previdenziali per il 9,19% e sui datori di lavoro per il 23,81%. L’ammontare totale del cosiddetto cuneo fiscale è di circa 300 miliardi di euro l’anno. Secondo Scalfari occorre ridurre questo prelievo di almeno il 30%, vale a dire di circa 80 miliardi che lo Stato dovrebbe fiscalizzare sui redditi superiori a 120 mila euro annui. Una sorta di patrimoniale che ‘attenua le diseguaglianze e incita occupazioni e consumi’.
Vignetta da documentazione.info
Poichè lo Stato italiano è obbligato a limitare la spesa pubblica (sia perché non può incrementare il suo debito sovrano, sia perché le sue politiche economiche spesso sono inefficienti o di natura assistenziale) non resta che incentivare gli investimenti dei privati. Con la globalizzazione molte imprese hanno delocalizzato all’estero, hanno cioè trasferito la produzione nei Paesi dove la pressione fiscale è minore e il costo del lavoro è più conveniente. Secondo Scalfari per indurre le aziende private ad investire, creare lavoro ed incrementare i consumi è indispensabile ridurre le tasse sul lavoro. L’argomentazione è logica, ma resta un dubbio: basterà la riduzione del cuneo fiscale per indurre le imprese italiane e straniere ad incrementare gli investimenti nel nostro Paese?
Inoltre, in questo ragionamento non c’è nessun riferimento alla Questione meridionale. La disoccupazione ed il sottosviluppo non sono in tutto il Paese, ma solo nelle regioni del Sud. Tornare ad investire nel Meridione non sarebbe proprio una cattiva idea. E’ solo una questione di scelte politiche e pertanto, se si vuole una ‘vera’ crescita Pil, è necessario che l’annosa questione delle disuguaglianze economiche tra le diverse aree del Paese torni al centro del dibattito politico.

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