Eugenio
Scalfari in un editoriale su repubblica.it sostiene la necessità della ‘patrimoniale’
perché essa ‘attenua le diseguaglianze ed incita occupazione e consumi’
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Eugenio Scalfari - (Foto da huffintonpost.it) |
La
crescita economica è determinata dall’incremento dei consumi e degli
investimenti. I
primi crescono aumentando le retribuzioni più basse o creando nuovi posti di
lavoro. Questi ultimi dipendono dagli investimenti sia pubblici che privati. Lo
Stato e gli enti locali possono farlo solo incrementando le entrate tributarie oppure
il debito pubblico. Ovviamente il presupposto indispensabile per attuare
politiche di ‘deficit spending’ è un
debito sovrano sostenibile, eccessivi ed ulteriori disavanzi del bilancio
sarebbero pericolosi e potrebbero provocare il default com’è avvenuto in Grecia,
in Argentina, ecc..
Foto da wallstreetitalia.com |
Dal 2011 in Italia l’unica alternativa ‘pubblica’ praticabile per favorire la
crescita economica è la redistribuzione della ricchezza. L’ipotesi, non nuova, è stata
formulata da Eugenio Scalfari in un suo
editoriale su repubblica.it. Il ragionamento del giornalista romano è semplice
ed è il seguente: sulle buste paga dei lavoratori gravano contributi previdenziali
per il 9,19% e sui datori di lavoro per il 23,81%. L’ammontare totale del
cosiddetto cuneo fiscale è di circa 300 miliardi di euro l’anno. Secondo Scalfari occorre ridurre questo
prelievo di almeno il 30%, vale a dire di circa 80 miliardi che lo Stato
dovrebbe fiscalizzare sui redditi superiori a 120 mila euro annui. Una
sorta di patrimoniale che ‘attenua le diseguaglianze e incita occupazioni e
consumi’.
Vignetta da documentazione.info |
Poichè lo
Stato italiano è obbligato a limitare la spesa pubblica (sia perché non può incrementare il
suo debito sovrano, sia perché le sue politiche economiche spesso sono inefficienti
o di natura assistenziale) non
resta che incentivare gli investimenti dei privati. Con la globalizzazione molte imprese hanno delocalizzato all’estero, hanno
cioè trasferito la produzione nei Paesi dove la pressione fiscale è minore e il
costo del lavoro è più conveniente. Secondo
Scalfari per indurre le aziende private ad investire, creare lavoro ed
incrementare i consumi è indispensabile ridurre le tasse sul lavoro. L’argomentazione
è logica, ma resta un dubbio: basterà la riduzione del cuneo fiscale per
indurre le imprese italiane e straniere ad incrementare gli investimenti nel
nostro Paese?
Inoltre, in questo
ragionamento non c’è nessun riferimento alla Questione meridionale. La
disoccupazione ed il sottosviluppo non sono in tutto il Paese, ma solo nelle
regioni del Sud. Tornare ad investire nel Meridione non sarebbe proprio
una cattiva idea. E’ solo una questione di scelte politiche e pertanto, se si
vuole una ‘vera’ crescita Pil, è necessario che l’annosa questione delle disuguaglianze economiche tra le diverse aree del Paese torni al centro del dibattito politico.
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