domenica 24 febbraio 2019

Anche nello sport il Sud è un ‘fallimento’

La gestione delle società sportive del Meridione è in molti casi inefficiente e gli atleti per praticare la loro disciplina o per affermarsi spesso devono emigrare nei centri sportivi del Centro-nord

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La formazione del Palermo nella stagione 1975/1976
(Foto da wikipedia.org)
Tra gli atleti più famosi che sono stati costretti ad emigrare ci sono Pietro Mennea, l’italiano più veloce di tutti i tempi, e Giuseppe Gibilisco, primatista di salto con l'asta, entrambi sono diventati campioni nei centri sportivi della capitale; Vincenzo Nibali, fuoriclasse del ciclismo, deve la sua crescita sportiva alla militanza nei club della toscana; Totò Schillaci è diventato un calciatore importante solo dopo essere stato tesserato della Juventus; e cosi via, la lista è lunga. La mancanza di adeguati centri sportivi ed inefficienza nella programmazione e gestione delle risorse finanziarie ed umane sono probabilmente le cause di questa situazione. A cui occorre aggiungere l’esclusione sistematica dall’organizzazione delle principali manifestazioni internazionali che periodicamente si svolgono nel nostro Paese come le olimpiadi invernali, i campionati mondiali di ciclismo, di calcio, ect.. Gli investimenti pubblici e privati che da questi eventi derivano arricchiscono sempre le stesse aree, ma non il Meridione.
Giuseppe Gibilisco - (foto da wikipedia.org)
La mancanza di risorse adeguate deprime le società sportive. Da questo punto di vista è emblematica la situazione delle squadre di calcio. I club di serie A sono 20, di questi solo due sono meridionali. La predominanza del Centro-nord è assoluta. Quattro sono società dell’Emilia Romagna, tre della Lombardia ed altrettante del Lazio, due, rispettivamente, del Piemonte, della Toscana e della Liguria, una è del Veneto ed un’altra del Friuli Venezia Giulia. Nessuna del Sud, se si escludono Napoli e Cagliari.
I club di calcio di grandi città come Bari, Catania, Messina, Lecce, Catanzaro e Reggio Calabria, sono falliti ed ora partecipano ai campionati di categorie inferiori. Significativa è la situazione del Palermo calcio. E’, per la seconda volta nella sua storia, sull’orlo del default. Il proprietario del club, Maurizio Zamparini, è agli arresti domiciliari. I tentativi di cessione delle quote della società finora non hanno trovato acquirenti credibili ed ora il club rischia il fallimento e, con esso, la retrocessione della squadra nel campionato di Lega Pro. Eppure il presidente friulano ha valorizzato calciatori importanti come Sirigu, Barzagli, Dybala, ect. e gestito risorse finanziarie importanti. La vicenda è per certi aspetti incomprensibile e non c’è neanche la scusante che ad amministrare il clubin questi ultimi anni, siano stati i siciliani.
Stadi fatiscenti, introiti ridotti, gestione finanziaria inadeguata e mancanza di programmazione sono le principali cause di queste situazioni. Anche nello sport come nell’economia il Sud è inefficiente ed è lontano dai mercati e dai centri di potere che contano. Non c’è da meravigliarsi, quindi, di questo ennesimo 'fallimento' anche se i meridionali spesso sono vittime di colpe altrui.

domenica 17 febbraio 2019

Si scrive autonomia regionale, ma si legge ‘secessione’

Quando Umberto Bossi fondò la Lega l’obiettivo si chiamava secessione, oggi lo stesso partito guidato da Matteo Salvini invoca l’autonomia, ma la sostanza è sempre la stessa: arricchire ancora di più il Nord

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da economia.rai.it
I governatori delle Lombardia, del Veneto e dell’Emilia Romagna, le regioni più ricche d’Italia, hanno chiesto maggiore autonomia legislativa, vale a dire più poteri così come stabilisce il comma 3 dell’art. 116 della Costituzione italiana: ‘… Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata’.
Le materie oggetto della possibile ‘autonomia’ sono tante, per introdurle basterà una legge ordinaria, cioè non sarà necessaria la modifica della Costituzione. In particolare, esse si riferiscono alla giustizia, all’istruzione, all’ambiente, all’ecosistema ed ai beni culturali (secondo comma dell’articolo 117). Mentre quelle del terzo comma dello stesso articolo riguardano la cosiddetta legislazione concorrente che stabilisce:’… alle Regioni spetta la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato’. Essa riguarda ‘I rapporti con l’Ue, commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione; professioni; ricerca scientifica e tecnologica; tutela della salute; alimentazione; ordinamento sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazione; ordinamento della comunicazione; produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale’.
Se l’intesa diventerà legge, la disgregazione dello Stato nazionale sarà nei fatti, si scriverà autonomia, ma si leggerà ‘secessione’. Dopo che le tre regioni del Nord, che producono circa metà del Pil nazionale, hanno sottoscritto il 28 febbraio del 2018 accordi preliminari con il governo, anche le altre si stanno attivando. Piemonte, Liguria, Toscana, Marche e Umbria hanno conferito il mandato per avviare negoziati con il governo. Mentre la Campania, il Lazio, il Molise, la Puglia e la Calabria hanno mosso passi informali per l’autonomia. Non hanno fatto richieste l’Abruzzo e la Basilicata e, ovviamente, le regioni a statuto speciale, cioè Sicilia, Sardegna, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige, nonché le province autonome di Bolzano e Trento.
L’obiettivo che perseguono i ‘Padani’ è, nello stesso tempo, politico ed economico. Dopo il perseguimento del decentramento amministrativo, realizzato con il cosiddetto federalismo fiscale, i governatori delle regioni del Nord ora vogliono di più, vogliono l’autonomia legislativa su materie fondamentali, vogliono il pieno controllo delle risorse fiscali che esse versano ogni anno allo Stato. E poco importa se il Sud, già abbandonato a se stesso, rischia di essere affondato definitivamente.
La botte piena e la moglie ubriaca’, è questo il fine ultimo, è la sublimazione del leghismo. E’ la secessione senza la secessione e, per certi aspetti, è qualcosa di più, è la fine dell’Unità del Paese senza cambiare la forma di Stato. Rimarremo formalmente tutti italiani, ma avremo cittadini di serie A e cittadini di serie B. E’ un processo che aumenta le diseguaglianze’, ha dichiarato il nuovo segretario della Cgil, Maurizio Landini. Ed ancora: ‘Se le bozze si trasformano in legge è come se si avesse tanti Stati all’interno di uno stesso Stato, e quindi è come se lo Stato non esistesse più’.  
Infine, non è inutile ricordare che la modifica degli articoli 116 e 117 della Costituzione italiana è stata voluta nel 2001 dal Centrosinistra. La lezione che se ne deduce è chiara: quando la Sinistra insegue le politiche della Destra (es. federalismo fiscale) i risultati sono disastrosi per il Paese, almeno per una parte di esso. Ma i dirigenti nazionali che hanno avallato quelle politiche avranno imparato qualcosa? I dubbi sono più che legittimi.

Fonte senato.it

mercoledì 13 febbraio 2019

Rdc, Rei o Card sulla povertà?

Gli italiani hanno la memoria corta, la card presentata pochi giorni fa dal vicepremier Luigi Di Maio non è una novità, già nel 2008 Giulio Tremonti diede avvio ad una procedura simile  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giulio Tremonti e Luigi Di Maio
Luigi Di Maio come Giulio Tremonti nel 2008. La card prevista dal Reddito di cittadinanza è simile a quella proposta dall’ex ministro dell’Economia dell’ultimo governo di Silvio Berlusconi; la platea a cui si rivolge è la stessa, ma più ampia e la somma stanziata è sensibilmente maggiore, ma sempre  a deficit, cioè con un notevole incremento del debito pubblico. ‘Uno strumento nuovo, nel quale crediamo, assolutamente in linea con le raccomandazioni della Commissione europea’, sostenne allora Giulio Tremonti. ‘La prima card del Reddito di cittadinanza della storia della Repubblica italiana, la prima di circa 3 milioni di card stampate in Italia per il Reddito di cittadinanza, è la numero 1,’, ha detto il vicepremier Luigi Di Maio pochi giorno fa.
La misura del governo 'pentaleghista' si rivolge ai cittadini italiani o a chi risiede nel nostro territorio da almeno 10 anni, ha un Isee inferiore a 9.360 euro, un patrimonio immobiliare fino a 30.000 euro esclusa la prima casa, un patrimonio finanziario non superiore a 6.000 euro, ma può arrivare fino a 20.000 euro per le famiglie con persone disabili.
L’indennità varia a seconda delle composizione del nucleo familiare. Se esso è formato da un single spetta un Rdc fino a 500 euro al mese a cui si aggiungono 280 euro come contributo per l’affitto o 150 euro come contributo sul mutuo per la prima casa. La cifra cresce fino a 630 euro nel caso di pensione di cittadinanza se il beneficiario è un over 67 (+150 euro eventuali come contributo affitto). Quindi, a fronte di un reddito di 200 euro si ha diritto a 300 euro di integrazione (+ l’eventuale contributo alloggio). A fronte di 200 euro di pensione si ha diritto a 430 euro di integrazione (+ l’eventuale contributo alloggio).
Le richieste potranno essere presentate a partire dal 6 marzo tramite gli uffici postali, i Caf o direttamente con la procedura online. A tale scopo è necessario lo Spid, cioè le credenziali per poter accedere ai siti della Pubblica Amministrazione, Inps compresa. Il reddito di cittadinanza sarà erogato il primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda. Le card sono delle normalissime tessere prepagate come le Poste Pay, senza nome, logo delle Poste e dotate di chips. Pagato il muto o l’affitto con bonifico, la parte restante dell'indennità dovrà essere spesa entro la fine del mese altrimenti scatta la decurtazione fino al 20% o, se la situazione si ripete, l’eliminazione del credito.
Secondo l’Istat il 57% del Rdc andrà a residenti nel sud Italia, il 48% ai single, il 19% alle famiglie straniere, un quarto alle casalinghe ed a 120mila laureati. In tutto saranno circa 2,7 milioni, circa la metà di quanto indicato nel ‘contratto di governo’. L’indennità media sarà di 5.045 euro l’anno per famiglia, vale a dire 420 euro al mese.
Il Rdc è, quindi, molto diverso da come era stato concepito. Esso riguarderà una platea limitata di soggetti indigenti a cui sarà corrisposta una indennità assai inferiore a quanto sarebbe necessario per ‘abolire la povertà’. Nella sostanza è una via di mezzo tra la Card di Giulio Tremonti e il Rei di Paolo Gentiloni. Di certo non risolverà il problema della povertà, ma accrescerà, invece, la platea dei furbi e non darà, a chi lo cerca, la dignità del lavoro, unico mezzo per superare l’indigenza e l’esclusione sociale.

Fonte istat.it

giovedì 7 febbraio 2019

domenica 3 febbraio 2019

Governo Conte o governo Salvini?

Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile. Mantiene l'unità di indirizzo politico ed amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei Ministri’, art. 95 della Costituzione italiana

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni) 
 
Giuseppe Conte e Matteo Salvini -  (foto da repubblica.it)
Dopo nove mesi dalla formazione del governo ‘pentaleghista’ è possibile fare il ‘tagliando’ sull’operato dell’Esecutivo. A tale proposito analizziamo come si sono comportati i due partiti di governo nell’elaborazione e nell’approvazione dei principali provvedimenti legislativi e chi, tra il M5s e la Lega, abbia, in questi mesi, caratterizzato ed egemonizzato la politica dell’Esecutivo.
Il tema principale su cui si sono confrontati i due partiti è quello relativo al fenomeno migratorio. Ed è evidente che i porti chiusi, l’ostracismo verso le Ong ed i continui attacchi all’Europa sono obiettivi politici della Lega a cui i grillini si sono ‘adeguati’. Non solo, ma di fronte alla richiesta di autorizzazione a procedere contro il ministro dell’Interno per la vicenda della nave ‘Diciotti’, e dopo la giravolta del ministro Salvini, i grillini, dapprima favorevoli, ora si accingono a fare un passo indietro, l’ennesimo.
La richiesta del ministro degli Interni di bloccare la Sea Watch dopo lo sbarco di poche decine di migranti nel porto di Catania è stata ‘eseguita’ dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti che è competente in materia, Danilo Toninelli. Il fermo è stato giustificato con motivi amministrativi, un cavillo in perfetto stile azzeccagarbugli. E’ bene ricordare che la nave battente bandiera olandese è l’ultima rimasta a navigare nel Mediterraneo con il solo scopo di soccorrere i migranti in difficoltà.
Altro esempio delle giravolte grilline è l’approvazione del cosiddetto decreto sicurezza’. Il provvedimento ha abolito i permessi umanitari, ha dato avvio agli sgomberi dei centri di accoglienza ed ha ridotto i finanziamenti degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), strumenti questi ultimi che si sono dimostrati utilissimi per l’integrazione dei richiedenti asilo. La vicenda Riace e l’ostracismo di Matteo Salvini verso il sindaco Domenico Lucano è, da questo punto di vista, emblematica.
Anche nel provvedimento simbolo del M5s, il Reddito di cittadinanza, la Lega ha imposto dei paletti che ad una lettura attenta sono funzionali allo sviluppo economico del Nord. Negli anni Sessanta e Settanta milioni di contadini meridionali sono emigrati nel cosiddetto triangolo industriale (Genova, Milano e Torino) per formare la manodopera indispensabile alla produzione industriale di quell’area. Allo stesso modo, migliaia di 'poveri' del Sud potrebbero essere costretti ad emigrare per sostituire i lavoratori delle fabbriche del Nord-Est che andranno in pensione con Quota 100.
I condoni, come si sa, sono un ‘mantra’ della Destra, ma anche il ‘governo del cambiamento’ sta procedendo, nonostante i proclami elettorali dei grillini, con lo stralcio di milioni di cartelle esattoriali e con la sanatoria edilizia nell’isola di Ischia.
Il provvedimento sulle pensioni (Quota 100), voluto soprattutto dalla Lega, riguarda chi è entrato nel mondo del lavoro da giovane (non laureati) e chi ha svolto un lavoro a tempo indeterminato. Ed è altrettanto evidente che ad usufruirne saranno soprattutto i lavoratori del Nord Italia.
Sulle grandi opere l’allineamento grillino è evidente. Ancora non sappiamo se anche la Tav verrà realizzata, quello che è certo è che molte delle opere osteggiate durante la campagna elettorale dal M5s, come Tap, Triv, Ilva, Terzo valico, ect., si faranno.
Sull’ordine pubblico il ministro degli Interni non ammette obiezioni. Il leader leghista si mostra ‘decisionista’ con quelli che ritiene siano i suoi avversari politici come i Centri sociali ed è ‘buonista’ con gli ‘amici’ come Casa Pound. Inoltre, sui social si è vantato di usare le ‘ruspe’ per lo sgombero dei campi rom o per lo smantellamento dei centri per i migranti, ma nulla fa e nulla dice sull’occupazione abusiva di un immobile del Comune di Roma da parte degli attivisti neofascisti, che come si sa sono amici di Salvini e della Lega.
La Flat tax al 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività) per i titolari di partita Iva che nell'anno precedente hanno avuto ricavi o compensi fino a 65 mila euro è una misura voluta dalla Lega e favorisce i piccoli imprenditori ed i pensionati che continuano a svolgere un'attività professionale. E' evidente che si tratta, nella maggior parte dei casi, di imprese e di lavoratori autonomi che operano nelle regioni settentrionali.
Significativo, infine, è anche quello che il ‘contratto’ di governo non prevede. Tra tutti la mancanza di investimenti al Sud. Il governo del cambiamento non cambia rotta, prosegue, cioè, con le politiche assistenzialiste dei precedenti Esecutivi, ma questa non è una novità soprattutto per gli esponenti della Lega.
Insomma, il vice premier Matteo Salvini si comporta come se fosse lui il Presidente del Consiglio. Detta la linea di politica interna, quella estera, impone paletti sui provvedimenti economici e su quelli sulla sicurezza. A Luigi Di Maio non resta che adeguarsi se vuole mantenere le poltrone su cui è seduto (Leader M5s, vice premier e Ministro), mentre al ‘premier’ Giuseppe Conte non spetta altro che un ruolo marginale e limitarsi a rappresentare e moderare la linea politica decisa dalla Lega e dal suo leader.