‘Questa mattina mentre i lavoratori della Trasnova presidiavano per il quinto giorno consecutivo i cancelli dello stabilimento Stellantis di Pomigliano d'Arco, sono arrivate le lettere di licenziamento per tutti i dipendenti. Oltre a Pomigliano, le lettere di licenziamento sono arrivate anche ai lavoratori di Melfi, Cassino e Torino’, Samuele Lodi, segretario nazionale Fiom-Cgil
Trasnova, Pomigliano d'Arco (foto da primacampania.it) |
Un operaio Fiat per guadagnare la stessa cifra ci metterebbe circa 1.521 anni.
Negli anni Sessanta l’Ad Vittorio Valletta guadagnava 12 volte il salario di un operaio. Nel 2017 Sergio Marchionne
con poco meno di 10 milioni di euro all’anno era arrivato a guadagnare 437
volte lo stipendio di un metalmeccanico. Nel 2021 lo stesso Tavares aveva
incassato poco meno di 20 milioni di euro, tra stipendi e bonus, cioè 758 volte
il salario di un operaio, distanza che è raddoppiata nel 2023.
Pochi giorni fa il manager portoghese si
è dimesso, lasciando una situazione aziendale ‘problematica’. Il disastro è
ancora più evidente nel nostro Paese. Crollo delle vendite, lavoratori in cassa
integrazione, salari fermi, produzioni trasferite all’estero e stabilimenti
‘chiave’ come Pomigliano, Cassino, Mirafiori e Melfi chiusi fino a gennaio
2025. Ed ora anche le prime lettere di licenziamento.
Tavares è stato bravo a far crescere
il valore finanziario della società ed i guadagni dei soci, ma non ha fatto nulla
per migliorare le condizioni di lavoro e le retribuzioni dei dipendenti. Stellantis
dal 2021 al 2024 ha distribuito circa 20 miliardi di dividendi. Il buon andamento dei ricavi degli ultimi anni non giustifica l’ingiustizia sociale che si è
determinata, anzi ne aggrava le dimensioni.
Non solo. Nonostante i risultati
deludenti degli ultimi mesi la società dovrà pagare al suo ex amministratore una
buonuscita faraonica.
La logica del sistema capitalistico può apparire incomprensibile, ma così non è. La distanza tra chi lavora e chi
dirige è ormai abissale e le diseguaglianze continuano a crescere. I ricchi
sono sempre più ricchi, mentre anche chi lavora è povero. Il problema è che la
ricchezza prodotta non è distribuita equamente. Il Capitale fa la parte del
leone e solo le briciole vanno ai lavoratori. Non solo, ma in caso di crisi i primi ed i soli a pagare le ristrutturazioni sono i dipendenti.
Sembra di essere tornati agli inizi
della rivoluzione industriale, quando al centro di tutto c’era l’accumulazione del Capitale ed i lavoratori venivano sfruttati per percepire un pezzo di
pane.
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