lunedì 4 settembre 2017

La strage del rapido 904 e la ‘malagiustizia’

Il processo di appello per la strage del rapido 904, avvenuta il 23 dicembre del 1984, dovrà ricominciare

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

I rottami di uno dei vagoni del rapido 904 - Nel riquadro
Toto Riina - (Foto da meridionenews.it)
La notizia è di quelle che lasciano interdetti. Il processo per la strage del rapido 904 avvenuta il 23 dicembre del 1984 dovrà ricominciare perché il presidente della corte d’appello, Salvatore Giardina, tra poche settimane andrà in pensione. L’assurdità sta anche nel fatto che, oltre alle nuove testimonianze che si era deciso di ascoltare in appello, sarà necessario risentire tutti i testimoni ascoltati in primo grado. Inoltre, si tratta di un processo in cui l’unico imputato, Toto Riina, già condannato all’ergastolo in altri procedimenti, era stato assolto nel primo giudizio. Il rinvio a data da destinarsi è stato disposto in applicazione delle recenti modifiche apportate all’articolo 603 del codice di procedura penale (riforma Orlando) che obbliga il giudice, nel caso di appello richiesto dal pubblico ministero, a disporre la riapertura completa dell’istruttoria. Questa vicenda, oltre ad evidenziare l'incompetenza dei politici italianiè un esempio di ‘malagiustizia’ e di spreco di risorse pubbliche. Negli ultimi due decenni sono state fatte diverse riforme della giustizia, ma nessun ministro o tecnico ha mai proposto di inserire una norma che impedisca di rifare il processo ogni volta che cambia il giudice. I responsabili del dicastero della Giustizia che si sono susseguiti alla guida del ministero negli ultimi anni dovrebbero spiegare agli italiani, soprattutto ai familiari delle vittime, perché il procedimento non può proseguire con un altro giudice. Ad oggi l’unica cosa certa è che le 16 persone morte e le 260 che rimasero ferite nella strage avvenuta con una bomba esplosa sul treno che in quel momento si trovava in galleria sugli Appennini tra Firenze e Bologna rimangono, a distanza di 37 anni, senza giustizia.

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