Il
processo di appello per la strage del rapido 904, avvenuta il 23 dicembre del
1984, dovrà ricominciare
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
I rottami di uno dei vagoni del rapido 904 - Nel riquadro Toto Riina - (Foto da meridionenews.it) |
La
notizia è di quelle che lasciano interdetti. Il processo per la strage del
rapido 904 avvenuta il 23 dicembre del 1984 dovrà ricominciare perché il presidente
della corte d’appello, Salvatore Giardina, tra poche settimane andrà in
pensione. L’assurdità sta anche nel
fatto che, oltre alle nuove testimonianze che si era deciso di ascoltare in
appello, sarà necessario risentire tutti i testimoni ascoltati in primo grado. Inoltre,
si tratta di un processo in cui l’unico imputato, Toto Riina, già condannato
all’ergastolo in altri procedimenti, era stato assolto nel primo giudizio. Il rinvio a data da destinarsi è stato
disposto in applicazione delle recenti modifiche apportate all’articolo 603 del
codice di procedura penale (riforma Orlando) che obbliga il giudice, nel
caso di appello richiesto dal pubblico ministero, a disporre la riapertura
completa dell’istruttoria. Questa
vicenda, oltre ad evidenziare l'incompetenza dei politici italiani, è un esempio di ‘malagiustizia’ e di spreco di risorse
pubbliche. Negli
ultimi due decenni sono state fatte diverse riforme della giustizia, ma nessun
ministro o tecnico ha mai proposto di inserire una norma che impedisca di
rifare il processo ogni volta che cambia il giudice. I responsabili del
dicastero della Giustizia che si sono susseguiti alla guida del ministero negli
ultimi anni dovrebbero spiegare agli italiani, soprattutto ai familiari delle
vittime, perché il procedimento non può proseguire con un altro giudice. Ad oggi l’unica cosa certa è che le 16
persone morte e le 260 che rimasero ferite nella strage avvenuta con una bomba
esplosa sul treno che in quel momento si trovava in galleria sugli Appennini
tra Firenze e Bologna rimangono, a distanza di 37 anni, senza giustizia.
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