giovedì 30 ottobre 2025

Karìbu

‘Sono partita per caso e sono rimasta per scelta. Una scelta consapevole e serena’, Cristina Fazzi

di Giovanni Pulvino

La copertina del libro di Cristina Fazzi e Lidia Tilotta

Ecco alcuni brani del libro Karibù di Cristina Fazzi, medico di Enna che vive e lavora in Zambia e che ha ottenuto l’adozione di un bimbo zambiano per la prima volta di un single in Italia e di Lidia Tilotta, giornalista del Tgr Rai Sicilia. Il testo racconta la storia di una giovane donne che quasi per caso si ritrova in uno dei paesi più poveri del mondo e di quanto amore sia necessario per mettere la propria vita a disposizione degli altri, di chi non ha nulla, ma proprio nulla.

Un giorno mi portarono una bimba di cinque anni. Mi fissava con i suoi grandi occhi. Mi chiedeva un aiuto che non potevo darle. Provai di tutto. Cercai di rianimarla, ma non ci riuscii. Mi morì tra le braccia. Il suo sguardo supplicante è uno dei miei incubi ricorrenti. Non riuscivo a capacitarmi di non essere riuscita a sconfiggere non un cancro, ma la fame. Non una malattia incurabile, ma una patologia che non dovrebbe nemmeno esistere. È un’assurdità. Da una parte il cibo si butta e dall’altra per il cibo si muore.’

‘Imporre non serve. Serve rendere consapevoli’.

In un orfanotrofio.

‘La bambina era morta la sera prima. Inorridita, chiesi dove avessero messo il suo corpo. La donna mi condusse alla culletta, perfettamente in ordine con il suo materassino, il lenzuolino, il cuscinetto. .... Poi sollevò il materassino e sotto, poggiata sulle sbarre, coperta dal materassino, c’era Sara. Non volevo credere ai miei occhi. Ma perché lo avete fatto, chiesi in preda alla rabbia. L’avrei presa a sberle. Lei rispose serafica: Sai, non è bello lasciare che gli altri bambini la vedano morta sul lettino. Quindi, fino a che non arriva la bara, quando muoiono li mettiamo sotto il materasso’‘Sara era passata inosservata nei suoi otto mesi di vita ed era stata oltraggiata pure nel momento della sua morte’.

Una donna eccezionale.

‘Sono sempre stata un tipo indipendente, non ho mai voluto legarmi perché volevo avere la possibilità di muovermi e lavorare senza vincoli. Mentre percorrevo la strada verso l’orfanotrofio pensavo al piccolo fagottino che avrei portato con me (Joseph adottato da Cristina Fazzi, la prima single in Italia a poterlo fare). Che avrebbe cambiato per sempre le mie idee e le mie scelte di autonomia e indipendenza estreme’.

‘Ignoranza e povertà camminano di pari passo’.

Miriam e Ruth.

‘Porsi a Miriam un biscotto. Lei lo prese, lo spezzò e ne diede metà a sua sorella. Le assicurai che ce n’erano abbastanza per entrambe ma si convinse e iniziò a mangiare solo quando anche Ruth lo ebbe fatto. La trattava come una figlia, non come una sorella. Quello scricciolo di tre anni si comportava come una vecchia e aveva sviluppato un istinto di protezione incredibile’.

L’acqua.

‘Predavamo l’acqua, la filtravamo da fango e sabbia, la bollivamo e solo dopo potevamo usarla in casa. Quella che restava, invece, serviva per innaffiare l’orto. Nemmeno una goccia poteva andare perduta’.

Kemel e Budur.

‘La sua unica ambizione è morire (Kemel rimasto paralizzato per il colpo di un cecchino) per liberare le sue donne e lasciare che finalmente possano vivere una vita dignitosa. Che finisca, per lui e per loro, questo inutile calvario. È disarmante. Penso al bastardo che ha deciso di distruggere questo amore puro. Mi resta negli occhi Budur (la giovane moglie). Mi resta negli occhi questa creatura esile che sopporta un peso gigantesco per una guerra che non ha voluto lei. Per la sfortuna di essere nata nel posto sbagliato nel momento sbagliato’.

Bambini e donne.

‘Bambini vestiti di stracci ma pieni di risorse e di voglia di giocare, donne che assumono ciascuna su di sé gran parte del peso del vivere in luoghi in cui manca tutto. Che percorrono chilometri per recuperare l’acqua dai pozzi, che devono cercare mille rimedi per riuscire a sopravvivere e non vedere morire troppo presto i loro figli. In foresta così come nelle baraccopoli’.

Dovrete creare – ci disse – i loro ricordi positivi che ci aiutino quando diventeranno grandi'.

Jatu.

‘Jatu mi, fiato mio, vita mia. Me lo dicevano i miei nonni e i miei genitori e me lo ripeteva il mio Giovanni. Fiato è quello che diamo ai progetti che mettiamo in campo e abbiamo deciso che il nostro simbolo sarebbe stato un fiore, il soffione’.  

Fonte Karìbu di Cristina Fazzi e Lidia Tilotta

domenica 12 ottobre 2025

‘Quando il mondo dorme’, di Francesca Albanese

Ci sono troppi assenti nel piano di pace di Trump e Netanyahu...dov'è il popolo Palestinese? Dov'è la Cisgiordania? Dov'è la giustizia?’, Francesca Albanese alla marcia per la Pace Perugia-Assisi

di Giovanni Pulvino

La copertina del nuovo libro di Francesca Albanese
'Quando il mondo dorme'

‘Quando il mondo dorme’ è il titolo dell’ultimo libro pubblicato da Francesca Albanese. Ecco alcuni brani con cui l’autrice racconta la tragedia del popolo palestinese.

Quanta arroganza nella postura di noi occidentali rispetto a culture e parole di cui non comprendiamo significato, radici ed essenza. Che ha contribuito a rendere invisibile l’umanità dei palestinesi, allontanando ancora di più la loro salvezza’.

Le colonie israeliane in Cisgiordania sono state progettate strategicamente, affinché la colonizzazione creasse una frammentazione territoriale capace di ostacolare la continuità del territorio, alla gestione delle infrastrutture e della mobilità’.

Se per uccidere un corpo, infatti, bastano i proiettili, per uccidere un popolo serve molto di più: occorre attivare ogni mezzo a disposizione, affinché quel corpo collettivo venga svuotato, annientato, anche se continua a muoversi.’

L’uomo è un filo nel vasto tessuto dell’esistenza, non il fulcro. Un modo di stare al mondo che ci restituisce proporzioni dimenticate, ci riporta a una saggezza antica con il suo simbolismo magico: una rivelazione che in questo momento storico ha il potere di sussurrarci verità da tempo sopite’.

E’ proprio questo che dobbiamo fare: cogliere ogni occasione per imparare a vedere meglio, a comprendere, a preservare e onorare la memoria di ciò che è scomparso, lottando al fianco di chi resiste, per aiutarci a lenire insieme le ferite dei popoli offesi’.

Nessuno è libero finché non sono liberi tutti. Tutti. Tutti quelli che sono stati resi invisibili su questa Terra; tutti i popoli la cui memoria, tradizione, cultura sono state ridotte a folclore; tutti quelli che ancora hanno la realizzazione della libertà dall’oppressione e dal bisogno solo come orizzonte e non come presente’.

C’è qualcosa di profondamente distorto in chi non riesce a riconoscere l’umanità dell’altro .. decolonizzare la mente significa abbattere confini e barrire, fare del nostro meglio per liberarci, da entrambe le parti, delle sovrastrutture che ci impediscono di restare in contatto con ciò che di più umano e vero abbiamo in comune, su questa Terra che condividiamo e che, in fondo, è l’unica cosa che davvero conta. … i genocidi operano non solo uccidendo materialmente le persone, ma anche cancellando l’identità di un popolo’.

Le vittime finiscono per non avere più volti, storie, nomi; diventano numeri nei bollettini di guerra a cui, giorno dopo giorno, le persone sembrano assuefarsi’.

E’ quando il mondo dorme che si generano i mostri … Prima di tutto, la nostra indifferenza’.

Ricordarmi che prima di tutto il cambiamento lo devi essere, se vuoi farlo, e che non puoi cambiare nulla se in qualche modo non cambi te stesso; che non puoi lavorare ... nel mondo se prima di tutto non hai la pace interiore, se non sei un autentico costruttore di pace…. Portare la pace nella nostra vita di tutti i giorni, far diventare quella speranza il nostro vizio è la più grande delle sfide’.

‘Spero che il mondo riesca ad abbracciare israeliani e palestinesi con spirito di compassione e buon senso. Possano entrambi ritrovarsi in questo momento di dolore acuto e comprensione del trauma dell’altro’.

Fonte ‘Quando il mondo dorme’, di Francesca Albanese

'Mi votu e mi rivotu'




Mi votu e mi rivotu suspirannu
passu li notti ‘nteri senza sonnu.
E li biddizzi tò iu cuntimplannu
li passu di la notti ‘nsinu a jornu.
Pi tia nun pozzu ora
cchiù durmìri
paci nun havi cchiù
st’afflittu cori.
Lu sai quannu ca iu
t’haiu a lassari:
quannu la vita mia
finisci e mori.
Palumma ca camini mari mari
ferma, quantu ti dicu du paroli
quannu ti pinnu na pinna di st'ali
quantu fazzu na littra
a lu me amuri;
li littri ti li mannu a tri a dui
risposta ca di tia nun haiu mai.
O chi si persi la carta pi vui
o puramenti scriviri nun sai
Mi votu e mi rivotu suspirannu
passu li notti ‘nteri senza sonnu