sabato 29 novembre 2025

Il ladro di sorrisi

Quel giorno di luglio mentre tornava dalla spiaggia i due zii seduti sull’uscio di casa lo salutarono con un sorriso, uno degli ultimi

di Giovanni Pulvino

Una bambina di Gaza ritrova il suo giocattolo
tra le macerie della sua casa

Era un ladro, si un ladro, un ladro di sorrisi. Era avido di questa carezza involontaria e lo era anche quando questa non lo riguardava, anche quando essa non era voluta. Una consolazione appresa quando era ancora in fasce e che ha mantenuto per tutta la vita. Per provocarli si sforzava di fare battute, di suscitare contentezza, non sempre ci riusciva, ma insisteva. Non lo faceva solo per sé stesso, non era egoista, non poteva esserlo. A volte l’ironia non era compresa ed il sorriso non arrivava. La delusione era doppia: aveva scherzato con chi non era disposto a farlo e non era riuscito a rubare quello che per Lui era il bene più prezioso.

Siamo quello che gli altri hanno deciso di fare di noi. 

Tu, gli diceva, non puoi vedere il tuo sguardo, la tua solarità. Puoi solo guardare l’effetto che provoca in chi ti sta di fronte, ma non potrai mai godere del tuo sorriso. È un vuoto a perdere. È gioia che non appartiene a chi la esibisce, ma a chi la riceve. Chi sorride non può essere egoista.

Il sorriso è gentilezza, è amore, è amicizia, è comunanza, è gioia, è dimenticarsi.

I sorrisi sono tutti diversi. 

Ci sono quelli appena accennati, quelli nascosti, quelli trattenuti, quelli senza controllo, ma tutti ma proprio tutti sono sinceri e lo sa bene il ladro di sorrisi. Ne ha fatto una collezione che tiene nel suo cuore e nella sua mente. Ogni tanto li rivive, alcuni sono un po' scoloriti, ma sono tutti lì, sempre pronti a venir fuori di nuovo.

Quel giorno di luglio mentre tornava dalla spiaggia i due zii seduti sull’uscio di casa lo salutarono con un sorriso, uno degli ultimi. Era una carezza, era solo una carezza, riceverla è stato un dono.

Era un ladro seriale. 

E non era necessario parlare, bastava uno sguardo, un gesto ed ecco che rubava un altro sorriso. Una volta lo chiese persino ad una collega appena uscita da una classe problematica, lo fece per sollevarle l’umore ma intanto rubava un altro sorriso. Lo faceva prendendo in giro i suoi alunni per gli strafalcioni che avevano fatto durante l'interrogazione, come se Lui non ne avesse fatte o dette mai di corbellerie, che bugiardo. 

Il più delle volte erano gratuiti, erano sinceri.

Il sorriso è come l’amore, deve essere spontaneo. Nessun condizionamento deve indirizzarlo. Sarebbe altro. Se non arriva vuol dire che non è vero. Il ladro non può rubarlo come fa con i sorrisi.

A volte anche Lui lo subisce o lo vive suo malgrado. Non può decidere né con chi né quando, ma sente sempre il bisogno di donarlo e comunque di dirlo alla persona amata. Questa necessità di comunicazione dimostra che si tratta di amore, in caso contrario è altro.

Risultare inopportuni è quasi inevitabile. Mantenere la gentilezza ed il rispetto è un altro modo di esprimerlo. C’è chi non lo riceve mai. In amore non bisogna chiedere. Non bisogna domandare. Si può solo aspettare, aspettare la reciprocità, se non viene non resta che la sofferenza e la mancanza per quello che non può e non potrà essere.

Il ladro si rassegni può rubare i sorrisi non l’amore, con l’amore è condannato ad essere, suo malgrado, un incensurato a vita. 

E non gioisce nel vedere la foto di una bambina palestinese che sorride nel ritrovare il suo giocattolo sotto le macerie della sua casa distrutta dalle bombe dell'esercito israeliano. 

martedì 18 novembre 2025

Era destinato a non essere egoista

‘Sii arcobaleno nella nuvola di qualcun altro’, Maya Angelou

di Giovanni Pulvino

Torremuzza. Foto di Antonino Pulvino, 8 novembre 2019

Giocava con un pallone di plastica sgonfio ed era tutto. Avveniva sotto lo sguardo e la protezione delle zie e degli zii della borgata, non c’erano pericoli, solo un continuo ripetersi di calci al Super Santos. 

Dapprima era solo, poi iniziò a condividere. Erano in due, in tre, poi la squadra. Non giocava per sé, ma sempre per gli altri.

La sua impronta era segnata. Era così ancor prima di venire al mondo. Non c’era rimedio possibile, la sua strada era decisa, non poteva esserci nessun cambiamento. Era destinato a non essere egoista.

Non c’erano alternative, solo un continuo dare, senza pretese, senza ritorno. Da non credere, ma era così. Cosa cercava? Cosa voleva?

Non era un donare il superfluo, ma un cedere la propria essenza senza aspettarsi nulla in cambio. Non era neanche un farsi del male, era la ricerca del gesto incondizionato, dell’atto spontaneo così come deve essere l’amore, senza tornaconti, senza profitto.

Tutto all’inizio avveniva inconsapevolmente.

Era così e non sapeva neanche il perché, semplicemente era così. Pensava, prima o poi mi succederà di ricevere lo stesso trattamento, senza egoismi, senza richieste alcune. 

Ed aspettava.

Persino quando ebbe quel grave infortunio al braccio pensò: è solo colpa mia, non può che essere così. Ma non era così.

Notte insonni a struggersi, giorni interi ad aspettare, ma niente: nulla veniva, nulla si realizzava, nulla consolava.

Finché c’era una prospettiva riteneva che ci fosse ancora un’opportunità, che prima o poi sarebbe successo anche a lui. Il tempo sarebbe stato galantuomo, pensava, ma così non era.

Continuava a dare, non faceva altro che dare, dare e ancora dare. A volte era patetico, altre un illuso, altre un ingenuo, ma nonostante ciò continuava ad insistere.

Poi venne il giorno in cui restò immobile a fissare il nulla, non gli rimaneva altro. 

Chissà, pensava, chissà se …  

venerdì 14 novembre 2025

Alicudi, 11 novembre 2025

di Giovanni Pulvino

Torremuzza, Alicudi, 11 novembre 2025 (foto di Giovanni Pulvino)

Sempre la stessa isola, sempre lo stesso mare, e tale sarà anche dopo, resterà lì a definire il tempo dato, ad impedire di tornare indietro, a scolorire i ricordi, a segnare il trascorre lento del tempo e della vita ..


venerdì 7 novembre 2025

E poi ci convinciamo che è tutto inutile

E' un vano tentativo di dimenticarsiNon tutti se ne convincono, ma non c’è altro

di Giovanni Pulvino

Bambini giocano a Parigi, 1960 - Foto da @alcarbon68 

Ci sono tre categorie di individui: quelli che comprendono subito cosa fare, quelli che invece ci mettono più tempo ad agire, ed altri, infine, che si rifiutano proprio e rimangono lì ad aspettare ma non si sa bene cosa.

Potremmo anche dire che ci sono persone che si arrendono subito, quelli che invece lottano prima di farlo e quelli che non lo fanno mai anche se sanno che è inutile insistere.

Il risultato è sempre lo stesso, ma i tempi di interiorizzazione del concetto sono diversi. 

E' solo una questione di intelligenza o è ostinazione dovuta al bisogno? 

Il ragionamento istintivo è quello di chi non vuole perdersi in ‘chiacchiere’ ed egoisticamente passa ad altro senza indugi. Potremmo dire ‘io sono io e tu non sei nessuno’.

No. È troppo semplice. Non può essere così.

Comprendere subito è la ‘fortuna’ o, in certi casi, la ‘sfortuna’ di chi è in grado di capire all’istante, e lo sa fare per una superiore capacità intellettiva e/o sensibilità umana. 

Non sono persone che non si perdono ‘in chiacchiere’, semplicemente sono ad un livello QI oltre la media.

Chi invece insiste è perché, probabilmente, non si basta ed allora ha bisogno di più tempo per realizzare quello che per altri è ovvio. È vittima delle proprie fragilità. Non è una questione di 'limitatezza' nelle capacità di comprensione, piuttosto è un bisogno diverso di riconoscimento, un non bastarsi potremmo dire. Condizione che non può durare a lungo, anche se per alcuni è immodificabile.

Il risultato finale è lo stesso per tutti. È un inutile tentativo di dimenticarsi.

Non tutti alla fine se ne convincono, ma il senso di tutto è nel non senso.

Non c’è altro.