giovedì 26 gennaio 2017

‘Il numero non era, ormai, che il nostro unico nome, io divenni il n. 75181’

‘Il dottor Mengele era l’anima nera del lager, un sadico crudele e spietato, che si divertiva a torturare migliaia di vittime con i suoi tenebrosi ‘esperimenti’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Auschwitz - (foto da wikipedia.org)
Nel dicembre del 1943 Sofia Schafranov, medico di origine russa, fu arrestata a Sondalo in provincia di Sondrio. Dopo alcuni giorni di prigionia trascorsi a San Vittore fu deportata ad Auschwitz insieme ad altri 1200 ebrei italiani. Ecco alcuni brani tratti da I campi della morte’ che narrano il suo calvario durato due anni, fino alla liberazione avvenuta il 15 maggio del 1945.
Il Revier. ‘Io e Bianca Marpurgo fummo destinate al Revier o lazzaretto di Birkenau… Quelle ammalate non erano che dei cadaveri viventi, quando erano viventi; degli esseri in cui non vi era più nulla di umano, all’infuori di un disperato sconforto dipinto sui volti macilenti ed esangui ….. Erano tutte giovani donne dai diciotto ai venticinque anni, ma non avevano più età; erano tutte coperte di ascessi, di ulcere, di eczemi purulenti, prodotti dalla scabbia; la loro pelle era una sola crosta ……. Altre presentavano in varie parti della persona, soprattutto nelle gambe, morsicature paurose; erano state azzannate dai feroci cani di scorta, mentre, recandosi al lavoro, cadevano a terra estenuate. Di queste infelici ne arrivavano al reparto da dieci a venti al giorno. Almeno trenta disgraziate giacevano già morte sulle cuccette e accanto ai cadaveri giacevano quelle che ancora erano in vita.
Stazione di Milano - Binario 21
(foto da michele-ciani.com)
La macellaia. ‘Ed io ho visto come, con i mezzi di cui disponeva, ella curava le sue ammalate. Tagliava gli ascessi con un semplice coltello da cucina, operando come una macellaia, sotto gli urli disperati delle pazienti. Ma si era abituata anche lei a questa specie di assassinio premeditato’.
Le selezioni. ‘Per sfoltire il Revier, di quando in quando, solitamente ogni settimana o dieci giorni, si procedeva alle ‘selezioni’. I medici tedeschi passavano rapidamente in rassegna le ammalate e, talvolta basandosi sui rapporti delle dottoresse, più spesso al loro proprio giudizio, facevano piazza pulita condannando le incurabili alla cremazione’.
Copertina del libro - (foto da paolinestore.it)
‘Il dottor Mengele, sui trentacinque anni, biondo anche lui, alto, robusto, di bella presenza, ma con nel volto ben pasciuto e nello sguardo sfuggente qualcosa di repulsivo. Quando egli parlava, non guardava mai in faccia i suoi interlocutori, quasi temesse che nei suoi occhi si potessero leggere chissà quali mostruosi segreti. Era l’anima nera del lager, un sadico crudele e spietato , che si divertiva a torturare migliaia di vittime con i suoi tenebrosi ‘esperimenti’. Sembrava che fosse specializzato, soprattutto, in ricerche scientifiche sui gemelli ….  Per noi, il dottor Mengele era un orco. Quando egli giungeva nel Block, io e le mie colleghe c’impalavamo sugli attenti e abbassavamo riverenti il capo alle sue contumelie. … le selezioni  a cui egli presiedeva erano spietate …'.
‘Alle camere di asfissia erano addetti dei deportati che eseguivano la macabra incombenza non certamente per loro volontà, tanto più che il loro ufficio durava soltanto due mesi durante i quali erano tenuti segregati, per poi finire essi pure in quelle stesse camere ed essere sostituiti da altri operatori, perché il segreto di quelle camere e di quelle torture non  trapelasse ….. Veniva simulata una doccia alle vittime, per quanto queste sapessero, ormai, di che genere di doccia si trattasse, si fornivano perfino un asciugamano e un pezzo di sapone; dopo di che, erano fatte denudare e venivano cacciate in basse camere di cemento, ermeticamente chiuse: venticinque o trenta persone per camera. Al soffitto erano applicati dei rubinetti, da dove, invece di acqua, era irrorato del gas tossico. Spesso, l’irrorazione era scarsa e l’azione del gas non era abbastanza efficace, cosicché le vittime venivano gettate nei forni ancora vive’. La liberazione. ‘Non si vedevano più che poche tedesche, ed erano diventate tutte, improvvisamente, gentili e servizievoli. C’erano delle volte in cui ero perfino la ‘signora dottoressa’. Poi, un bel giorno, scomparvero esse pure. Era il 15 maggio. Vi sono delle date che restano impresse in eterno nella memoria. A Milano, nessuno dimenticherà mai la data del 25 aprile; io non dimenticherò mai quella del 15 maggio. Né dimenticherò quell’istante in cui alcune donna irruppero nel Block, in cui io mi trovavo, e ci annunziarono, piangendo, che erano arrivati gli americani. .... Eravamo salve; anzi, eravamo salvi: perché non c’erano più campo maschile e campo femminile: c’era una sola moltitudine in festa, che benediva la libertà riconquistata, che ritrovava la propria dignità umana, che invocava – e invoca ancora – giustizia e vendetta’.

Fonte I campi della morte di Alberto Cavaliere (paolinestore.it)

venerdì 20 gennaio 2017

I Fasci siciliani dei lavoratori e la strage di Caltavuturo

‘Un bastone tutti lo rompono, ma un fascio di bastoni chi lo rompe?’, così un dirigente dell’associazione spiegò il nome dei Fasci dei lavoratori, il movimento popolare che si è sviluppato in Sicilia tra il 1891 ed il 1894 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il largo dove avvenne la strage di Caltavuturo 
il 20 gennaio 1893 (foto da palermo.anpi.it)
I Fasci siciliani dei lavoratori erano un movimento di massa d’ispirazione ‘socialista’, ma che avevano un chiaro intento ‘secessionista.’ Gli storici affermano che vi presero parte tra i 300 ed i 400 mila siciliani su una popolazione di circa 3 milioni e 300 mila persone. Protagonisti non furono solo contadini ed operai, ma anche artigiani, insegnanti, professionisti. I braccianti, che da sempre erano pagati a giornata con miseri salari, ed i mezzadri, a cui toccava solo una piccola parte dei raccolti, chiedevano paghe più alte e migliori condizioni di lavoro. Allora si lavorava ‘suli a suli’, dal sorgere al calare del sole e spesso i braccianti dovevano fare diversi chilometri di strada per raggiungere i luoghi di lavoro. I partecipanti al movimento chiedevano anche il diritto di voto. Fin dal 1861, con la nascita dello Stato unitario esso era concesso solo all’1,9% della popolazione, su 22 milioni di italiani potevano esercitare tale diritto meno di 400 mila persone, quelle cioè che avevano un certo reddito e un titolo di studio.
Francesco Crispi
(foto da en.wikipedia.org)
I Fasci erano presenti in tutte le grandi città dell’isola ed operavano sul territorio in contrapposizione al potere esercitato dai gruppi mafiosi. Tra gli iscritti c’erano donne e ragazzi. A Modica c’era una sezione di ‘Figli del Fascio. A San Giuseppe Jato c’era un piccolo Fascio di ragazzi da 6 a 12 anni. A Grotte un ragazzo di 12 anni venne arrestato solo perché parlava pubblicamente di socialismo ai suoi coetanei. A Piana su una popolazione di 9.000 abitanti gli iscritti al Fascio erano 2.500 uomini e mille donne, la cui prima attività fu di imparare a leggere e scrivere. Ad una manifestazione una militante portabandiera affrontò i soldati che erano con le armi spianate dicendo: ’Avreste il coraggio di tirare contro di noi?’, i soldati abbassarono le armi. A Milocca (Milena) quando i membri del consiglio direttivo furono imprigionati, 500 donne assaltarono la caserma, s'impadronirono delle armi e liberarono i prigionieri. Il 20 gennaio 1893 a Caltavuturo, in provincia di Palermo, soldati e carabinieri spararono su 500 contadini che, di ritorno da un’occupazione simbolica di alcune terre del demanio, si erano limitati a chiedere un incontro con il Sindaco. ‘Picciotti, chi c’è carnivalata’, grido dalla finestra il segretario del Comune. Ci furono 13 morti e molti feriti. ‘I cadaveri furono lasciati sulla strada fino a notte, in pasto ai cani e non fu permesso di soccorrere i feriti’. Ci fu un’inchiesta per l’eccidio, ma il segretario comunale e gli altri impiegati dapprima sospesi furono successivamente reintegrati nell’incarico.
Processo ai capi dei Fasci siciliani, aprile 1894
(foto da wikiwand.com)
Il movimento fu disperso da un duro intervento militare del governo del siciliano Francesco Crispi, ma già nel 1893 Giolitti aveva ordinato una schedatura dei soci dei Fasci, fu la prima dello Stato italiano. I morti furono circa 90. Le condanne che seguirono furono pesantissime. I leader arrestati o mandati al confino.  Negli anni successivi in Sicilia ci fu un grande flusso migratorio. In un decennio circa un milione di persone partirono per il continente o all’estero. Le lotte dei contadini e della parte più povera della popolazione siciliana vennero, ancora una volta, soffocate nel sangue. I tentativi di emancipazione, oltre che con i Fasci del 1891, sono stati repressi nel 1860 ad opera delle truppe garibaldine, nel secondo dopoguerra con l’assassinio  di numerosi sindacalisti e, il primo maggio del 1947, con l’eccidio di Portella della Ginestra, ed ancora negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso con l’uccisione di magistrati e tutori dell’ordine ed oggi con il racket ed il controllo capillare del territorio da parte delle organizzazioni mafiose. L’obiettivo è sempre lo stesso: mantenere lo ‘status quo’ per assicurare il potere a ‘Cosa nostra’ e agli ‘amici degli amici’. Il tutto nell’indifferenza e, spesso, con la complicità delle istituzioni. Condizione, questa, che ha condannato la Sicilia al sottosviluppo economico e sociale ed i siciliani onesti a subire i soprusi e le angherie delle organizzazioni criminali.


lunedì 16 gennaio 2017

Oxfam: ‘I ricchi sono sempre più ricchi’

Il rapporto sulle disuguaglianze pubblicato da Oxfam mostra come ‘la metà più povera del pianeta è ancora più povera di quanto calcolato in passato’

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da oxfamitalia.org
In Italia l’1% della popolazione possiede il 26% della ricchezza nazionale, che è oltre 30 volte la ricchezza del 30% più povero. I primi 7 miliardari italiani possiedono più ricchezza del 30% più povero. Tra il 1998 ed il 2011, il 10% più ricco ha accumulato un incremento superiore a quello della metà più povera degli italiani. L’1% della popolazione mondiale possiede dal 2015 più ricchezza del restante 99%. Otto persone possiedono la stessa ricchezza netta (426 miliardi di dollari) dei 3,6 miliardi di persone più povere del mondo, mentre 1 persona su 10 vive con meno di 2 dollari al giorno. Secondo Oxfam ‘1/3 della ricchezza dei miliardari è dovuta a eredità, mentre il 43% a relazioni clientelari.’ Ed ancora: ‘Ovunque nel mondo i governi continuano a tagliare le tasse su corporation e individui abbienti’.
Foto da forexinfo.it
Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia, ha dichiarato: “I servizi pubblici essenziali come sanità e istruzione subiscono tagli, ma a multinazionali e super ricchi è permesso di eludere impunemente il fisco. La voce del 99% rimane inascoltata perché i governi mostrano di non essere in grado di combattere l’estrema disuguaglianza, continuando a fare gli interessi dell’1% più ricco: le grandi corporation e le élites più prospere”. Agire contro le disuguaglianze è difficile, ma non impossibile. Secondo Oxfam sono necessarie politiche occupazionali che garantiscono un salario dignitoso, un sistema di tassazione più progressivo, servizi pubblici di qualità, uno sviluppo che rispetti l’ambiente, un reale ascolto dei bisogni dei cittadini e non solo degli interessi di alcune élites privilegiate. Se si continuerà con queste politiche economiche nei prossimi 25 anni potremmo avere, conclude il rapporto, ‘il primo ‘trillionaire’, vale a dire un individuo che possiederà più di 1000 miliardi di dollari, una cifra che si consuma solo spendendo un milioni di dollari al giorno per 2.738 anni’.

giovedì 12 gennaio 2017

Gli ‘yesmen’ del M5s e l’utopia della democrazia diretta

Le ultime decisioni prese dal M5S con il consenso quasi unanime degli iscritti al blog di Beppe Grillo evidenziano una scarsa coerenza in molti sostenitori ed una preoccupante mancanza di dialettica politica interna al MoVimento

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Beppe Grillo e Davide Casaleggio
(foto da corsera.it)
Le vicissitudini della giunta romana di Virginia Raggi stanno preoccupando i vertici dei pentastellati a tal punto da proporre e far approvare ai militanti una sostanziale modifica del Codice di comportamento interno al MoVimento. Le nuove disposizioni non prevedono più in modo automatico la sospensione o l’espulsione dei militanti raggiunti da un avviso di garanzia. A decidere, ora, sarà una commissione etica (probiviri) sotto la 'supervisione' di Beppe Grillo e Davide Casaleggio. In altre parole, l’esclusione non sarà più immediata, ma la decisione sarà presa, di volta in volta, da una commissione interna al M5S. La stessa procedura utilizzata dagli altri partiti.
Foto da masadaweb.org
La votazione sull’adesione all’Alde (Alliance of Liberals and Democrats for Europe), gruppo politico del Parlamento europeo d’ispirazione liberale, ha sorpreso opinionisti e sostenitori a tal punto che il ‘matrimonio‘ non si è fatto, ma non per volontà del M5S bensì per il ‘ripensamento’ degli stessi liberali che hanno declinato la proposta.
I cambiamenti di linea politica del M5S non solo non sono sorprendenti, ma sono anche inevitabili se il MoVimento si vuole candidare al Governo del Paese. Quello che meraviglia e preoccupa è la facilità con cui i sostenitori grillini cambiano opinione se lo chiede il 'Capo'. Un popolo di ‘yesmen’ (termine usato da un ex grillino come il Sindaco di Parma Federico Pizzarotti), ecco cosa sembrano gli iscritti al blog di Beppe Grillo. Si tratta di poche decine di migliaia di elettori, nell’ultima votazione sono stati circa 40.000. Una ristretta minoranza se si considera che il popolo italiano, secondo l’ultimo censimento, è composto da circa 60 milioni di cittadini. Se è questa la democrazia diretta di cui si vantano i grillini allora, forse, è meglio quella rappresentativa che come diceva Winston Churchill: ‘E’ la peggior forma di governo, eccenzion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora’.

venerdì 6 gennaio 2017

Vibo Valentia, tasso di occupazione al 35,8%, mentre a Bolzano è al 71,4%

Il Report pubblicato dalla Fondazione dei consulenti del lavoro conferma l’enorme divario economico che c’è tra il Nord e il Sud Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da zoom24.it
Bolzano è la provincia italiana con il tasso di occupazione più alto (71,4%), mentre Vibo Valentia è quella con la percentuale più bassa (35,8%). A sostenerlo è il Report pubblicato dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro che ha elaborato i dati Istat sul 2015. Crotone registra il più alto tasso di disoccupazione in generale (32,2%), quasi il triplo della media nazionale, mentre è Cosenza la città con il più alto tasso di disoccupazione giovanile femminile (84,4%). Nelle grandi città – sottolineano i consulenti – il tasso di occupazione degli stranieri (66,6%) è in media, nei 13 grandi comuni considerati, superiore di 9 punti rispetto a quello degli italiani (57,4%). Il divario più alto è a Napoli, dove si registra un tasso di occupazione degli stranieri del 58,3%, di ventiquattro punti superiore a quello degli italiani nel comune (34,8%). I dati sugli immigrati non devono meravigliare. Gli stranieri per rimanere legalmente in Italia devono avere un lavoro formalmente regolare ed è per questo che sono disposti a svolgere qualunque mansione pur di avere un contratto di lavoro. Inoltre, il Report è un’ulteriore conferma dell’enorme distanza economica che c’è tra le diverse aree del Paese. Un Sud sempre più in difficoltà, mentre al Settentrione si vive, nonostante la stagnazione, nel benessere. Ma questo divario non è certo una novità.

venerdì 30 dicembre 2016

6,5 milioni d’italiani ‘sognano’ un lavoro, ma intanto Almaviva licenzia 1.666 dipendenti

Mentre milioni di lavoratori vorrebbero un posto di lavoro, i dipendenti di Almaviva della sede di Roma riceveranno, nei prossimi giorni, le lettere di licenziamento

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tg24.sky.it
‘Sommando ai disoccupati le forze di lavoro potenziali, ammontano a 6,5 milioni le persone che vorrebbero lavorare’. Questo è quanto sostiene l’Istat nell’Annuario 2016 che riporta i dati sul mercato del lavoro nel 2015. La forza lavoro disponibile è, quindi, molto più numerosa dei disoccupati iscritti nelle liste di collocamento e comprende tutti coloro che ‘sognano’ un'occupazione ma vi rinunciano perché sanno che non riusciranno ad ottenerla.
Foto da tgcom24.mediaset.it
E’ di ieri la notizia che conferma la chiusura del call center Almaviva Contact di Roma. L’ultimo tentativo di riapertura della trattativa presso il Ministero dello Sviluppo Economico è fallito. 1.666 dipendenti riceveranno, nei prossimi giorni, le lettere di licenziamento. L’accordo siglato dai lavoratori della sede di Napoli è stato rifiutato da quelli di Roma. I dipendenti campani di Almaviva hanno ottenuto altri tre mesi di cassa integrazione, tempo utile, si spera almeno, per raggiungere un accordo che ha come primo obiettivo quello di evitare altri licenziamenti.
Resta il fatto che le aziende italiane, nonostante le agevolazioni fiscali garantite negli ultimi due decenni dal Governo, continuano a delocalizzare ed il caso di Almaviva è solo l’ultimo di una lunga serie. Milioni di lavoratori attendono con ansia il 2017 ed altri 1.666 si aggiungeranno ai tanti che un lavoro lo ‘sognano’. Fino a quando prevarrà il principio del profitto su quello del lavoro e non si adotteranno politiche economiche di redistribuzione della ricchezza, sarà impossibile  superare il dramma della disoccupazione. Questa regola purtroppo non è una novità del 2016, ecco cosa scrisse, a proposito dei senza lavoro, John Lennon nel 1969:  ‘Il lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza’.

venerdì 16 dicembre 2016

Il caos nella giunta grillina di Roma continua, ma la sindaca Virginia Raggi minimizza

Salvatore Romeo, Paola Muraro, Alessandra Manzin ed ora Raffaele Marra non sono esempi di buon governo, ma nonostante ciò la sindaca, Virginia Raggi, sdrammatizza 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Virginia Raggi
(foto da ilcorrieredelgiorno.it)
La storia del capostaff Salvatore Romeo è emblematica per capire come sta amministrando la giunta di Roma. Entrato in Campidoglio nel 1999, Romeo è un esperto di aziende partecipate. Appena eletta Prima cittadina, la Sindaca gli affida il ruolo di Capo della sua segreteria. Lo stipendio del dirigente comunale passa così da 37mila euro a 120mila euro l’anno. Inoltre, per poter accettare il nuovo incarico Romeo deve mettersi in aspettativa. A tale proposito ecco cosa ha dichiarato Carla Raineri magistrato ed ex assessore della giunta Raggi: ‘Romeo era già dipendente del Campidoglio e non poteva essere posto in aspettativa e nel contempo assunto dal medesimo ente locale. La sindaca non si è data pace ed ha reclutato una task force per trovare soluzioni in senso favorevole’. Dopo le polemiche, seguite  alla sua nomina, Salvatore Romeo ha detto: ‘Il mio compenso verrà ridotto’, ed ancora: ’Ci sono stati degli errori nelle delibere di nomina, anche sulla mia. Ma era agosto, faceva caldo…’ 
Raffaele Marra
(foto da roma.corriere.it)
Un'altra vicenda che conferma la ‘faciloneria’ con cui sta operando la giunta grillina è quella di Alessandra Manzin, assunta lo scorso 9 dicembre negli uffici dell’assessora alla Città in movimento Linda Meleo per le sue ‘doti nel campo del diritto amministrativo. Senonchè la Manzin, oltre ad affiancare il senatore grillino Andrea Cioffi, è anche la fidanzata di Dario Adamo, assistente di Rocco Casalino (M5s) in Senato, dove è responsabile dell’area web e social media. Di stamane la notizia dell’arresto per corruzione di Raffaele Marra. Dirigente del Comune, è diventato da subito Capo di gabinetto dell’amministrazione Raggi. La polemica suila sua nomina è nata perché Marra proviene da ambienti del centrodestra alemanniano, ma era già stato in varie amministrazioni pubbliche compresa la Regione Lazio guidata da Renata Polverini.
Paola Muraro
(foto da lifestar.it)
Ed ancora: Daniele Frongia diventato vicesindaco dopo il ritiro della sua nomina a Capo di gabinetto; Carla Raineri, magistrato della Corte di Appello di Milano, diventata Capo di gabinetto, viene allontanata dopo il parere negativo dell’Anac sulle modalità della sua nomina; Marcello Minenna, economista e professore alla Bocconi, si è dimesso da assessore al bilancio per solidarietà con Carla Raineri; Raffaele De Domincis, magistarto in pensione, nominato al posto di Minenna deve abbandonare (prima ancora di insediarsi) perché indagato per abuso d’ufficio; Stefano Ferrante, ragioniere generale del Comune, si è dimesso perché ‘C’è troppa confusione, sono completamente isolato, lavoro senza un indirizzo politico’; Paola Muraro, difesa strenuamente da Virginia Raggi, si è dimessa pochi giorni fa perché ha ricevuto un avviso di garanzia per reati ambientali riferiti all’epoca in cui era consulente di Ama; Paolo Berdini assessore all’Urbanistica è in procinto di lasciare per i dissensi sulla realizzazione del nuovo stadio della Roma (a differenza del vicesindaco Frongia è per un progetto che escluda la costruzione di tre grattacieli).
I grillini non fanno altro che denunciare la mala politica che sarebbe caratterizzata da episodi di nepotismo o da scambi di favori, ma quello che sta avvenendo nella Giunta capitolina non è tanto dissimile da quello che avviene nei partiti tradizionali. Il buon governo non dipende solo dalla capacità di imporre norme etiche da parte dei partiti o dei movimenti, ma esso deriva soprattutto dall’onesta, dalla serietà e dalle capacità amministrative delle singole persone. Si rassegnino, quindi, i sostenitori grillini perché questo è un principio a cui non fa eccezione il M5s.


PFM Impressioni di settembre

lunedì 12 dicembre 2016

Renzi: 'Torno a casa davvero'

Spopolano in rete i ‘Renzi chi?’ e ‘#staiserenomatteo’, ma s’illudono coloro che pensano che la carriera politica dell’ex sindaco di Firenze si finita 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Matteo Renzi con la moglie Agnese
(foro da giornalettismo.com)
Il presidente del Consiglio dimissionario è per carattere un ‘piacione’, il suo primo obiettivo è quello di essere gradito a tutti. Per conquistare il consenso dell’elettorato moderato ha emarginato la Sinistra, anche quella del suo partito. Sta facendo, cioè, lo stesso errore che fece Walter Veltroni alle elezioni politiche del 2008, quando si presentò con una coalizione che escludeva le forze politiche alla sinistra del Pd. Gli attacchi a Massimo D’Alema, il #staiserenoenrico presidente del Consiglio del suo partito, al Fassina chi?, ed ancora, l’uscita dal Pd di tanti esponenti dell’area radicale, il No di Bersani al referendum costituzionale ed il continuo malessere della minoranza del partito sono emblematici di una convivenza ideologica mal sopportata dall’attuale segretario dei Democratici.
Enrico Letta e Matteo Renzi
(foto da tg24.sky.it)
Secondo il suo pensiero politico è la Sinistra (non solo quella radicale) il principale ostacolo al rinnovamento. Il limite di questo ragionamento è evidente: un partito progressista che adotta politiche di Destra come il Job act, gli incentivi fiscali alle imprese, la cosiddetta ‘meritocrazia’ nella scuola, la riforma costituzionale e l’Italicum, ma che, nello stesso tempo, non è capace di realizzare politiche di redistribuzione della ricchezza e di riduzione dei privilegi, è destinato alla sconfitta.
Stefano Fassino
(foto da news.leonardo.it)
Da rottamatore a rottamato? 'Torno a casa davvero' ha scritto su facebook il presidente del Consiglio dimissionario. Le politiche populiste, prima o poi, devono fare i conti con la realtà e quella italiana è particolarmente complicata. E’ sufficiente ricordare l’alto tasso di disoccupazione al Sud o l’enorme debito pubblico creato proprio con le politiche assistenziali ed elettoralistiche adottate anche dallo stesso Matteo Renzi. Perfino il provvedimento dell’assunzione dei precari della scuola si è trasformato in un boomerang per la troppa ‘faciloneria’ con cui la procedura è stata realizzata e per l’introduzione della cosiddetta ‘chiamata diretta’ adottata solo per i neoassunti storici. L’errore più grande è stato quello di aver trasformato il referendum costituzionale in un plebiscito sulla sua persona e sulla sua carriera politica. Renzi contro tutti, come un novello ‘Don Chisciotte’ che combatte la partitocrazia di cui egli stesso fa parte. L’obiettivo non si è realizzato, ma non è finita. In perfetto stile berlusconiano l’ex sindaco di Firenze tornerà all’attacco della Sinistra del Pd, ma otterrà solo di perdere ulteriore consenso nei ceti meno abbienti, finendo così per trasformare il Partito democratico nel Partito di Renzi o peggio ancora nel partito della Nazione.

martedì 6 dicembre 2016

Istat: nel 2015 sono aumentate la povertà e la distanza reddituale tra ricchi e poveri

Le stime pubblicate dall’Istat sulla povertà nel 2015 ed i livelli di reddito delle famiglie italiane nel 2014, evidenziano il crescente divario tra ricchi e poveri e tra Nord e Sud del Paese

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da dazabeonews.it
Secondo le stime dell’Istat gli italiani che sono a rischio di povertà (19,9%), grave deprivazione materiale (11,5%) o bassa intensità di lavoro (11,7%) sono il 28,7%. Il dato è sostanzialmente stabile rispetto al 2014 (28,3%), anche se è aumentato il rischio povertà, passato dal 19,4% al 19,9%. A livello territoriale la situazione più grave è nel Mezzogiorno. Le persone coinvolte nel Sud sono salite dal 45,6% al 46,4%. La quota è in aumento anche al Centro (dal 22,1% al 24%), mentre al Nord si registra un calo sia pure minimo (dal 17,9% al 17,4%).
da avantionline.it
Le persone più a rischio (43,7%) sono nelle famiglie con cinque o più componenti. Nel 2014 il reddito medio annuo per nucleo famigliare è rimasto sostanzialmente stabile rispetto al 2013 (29.472 euro ossia 2.546 euro mensili). Metà delle famiglie ha percepito un reddito netto non superiore a 24.190 euro (2.016 euro mensili), la media scende a 20.000 euro (circa 1.667 euro mensili) al Sud. Secondo le stime dell’Istat il 20% delle famiglie ha percepito il 37,3% del reddito totale, mentre il 20% più povero solo il 7,7%. Inoltre dal 2009 al 2014 il reddito in termini reali è calato di più per le famiglie meno abbienti, ampliando così la distanza tra le famiglie più ricche, il cui reddito è passato dal 4,6 a 4,9 volte quello delle più povere.