I pensieri corrono dove vogliono, come sempre. Solo la stanchezza può fermali, ma è solo un attimo, poi ripartono sempre senza volere
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Che belli questi pensieri, ti deviano per portarti altrove, ma ora è tempo di tornare al principio.
In due o tre stavamo seduti sul muretto in pietra ad ammirare il panorama. Subito sotto, quasi in verticale, vedevamo la strada statale, che curva in quel punto, in basso lo scoglio. Sembrava di starci sopra. Da lì potevamo distinguerne la forma, anzi nelle giornate di mare calmo si vedeva anche il fondale sabbioso o, com’era più spesso, pieno di pietre. Qualcuno o qualcuna aveva la cattiva abitudine di andare alla Torre in modo ‘furtivo’, cioè si nascondeva alla vista di chi stava sulla riva o in acqua. Lo scopo era quello di spiare chi andava a fare il bagno proprio lì sotto o nel tratto di mare subito oltre lo scoglio.
Cielo azzurro, mare piatto e là in fondo l'orizzonte che fa un tutt'uno con il cielo, nient'altro, ma questo bastava, e basta ancora oggi per non pensare, per dimenticarsi.
La Torre è un punto di osservazione perfetto, da lì si può vedere tutto il Borgo o quasi. La frazione è piccola, ma divisa in due dalla strada statale che un tempo non era asfaltata. Quelli che dimoravano nella parte bassa erano i 'torremuzzari', quelli che invece avevano l’abitazione nella parte alta erano i ‘nzusari’. Quando sei bambino anche piccole distanze ti sembrano enormi se non conosci i luoghi. Si sa, la consapevolezza abbatte i muri, sempre. Per noi era un altro paese, in realtà erano solo pochi metri, quelli necessari per attraversare la strada. Poi cresci e ti rendi conto che i ‘muntagnoli’ erano semplicemente coloro che raramente venivano al mare e che per questo avevano avuto qualche difficoltà ad imparare a nuotare, qualcuno di loro non ha mai imparato.
I ricordi seppur scoloriti non vanno via, restano lì in attesa di essere rivissuti ancora una volta, l'ultima.
Pochi passi ci separavano, ma le differenze sembravano tante. Noi 'torremuzzari' ci sentivamo privilegiati rispetto ai nostri coetanei ‘nzusari’. Due piazzette, un cortile, ‘a vanedra’, i ponti della ferrovia, lo stabilimento, la spiaggia, il mare, e, ogni tanto, le escursioni in campagna, nient’altro. Era il nostro piccolo mondo. Non c'erano pericoli, le macchine erano poche ed eravamo liberi di muoverci, di giocare, di bisticciare, di fantasticare. Quando si è piccoli si è innocenti e basta poco per essere felici. Ma il tempo non si può fermare, soprattutto quello delle piccole gioie.
È un attimo, solo un attimo. Poi il nulla, ecco cosa resterà, il nulla. Vorresti tornare indietro, ma non puoi, sei inchiodato al presente. Ed anche quando vorresti afferrare la realtà non puoi, è già oltre, è già passato. Rimane solo il ricordo, ma solo di chi c’era e c’è ancora. E tra poco neanche quello. Siamo memoria effimera. Solo un mucchio di pensieri a termine. Nient’altro.