Negli
ultimi sette anni il Sud è stato penalizzato dalla crisi ed ora rischia di
esserlo anche nella fase di ripresa dell’economica
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
La
lunghezza della recessione,
la forte riduzione degli investimenti e delle risorse per le infrastrutture
pubbliche e la caduta della domanda interna sono fattori che hanno indebolito
l’apparato produttivo del Paese ed in particolare quello delle regioni
meridionali. Ora il rischio è che il Sud non riesca ad agganciare la ripresa e che
la fine della crisi si trasformi in una nuova fase di crescita delle disparità economiche
e sociali tra le varie aree del Paese.
Secondo
il preconsuntivo elaborato dalla Svimez nel 2014 il Pil è calato nel Mezzogiorno dell’1,3%,
di oltre un punto superiore rispetto al resto del Paese (-0,2%). Per il Sud è
stato il settimo anno di crisi ininterrotta, dal 2007 in quest’area il prodotto
interno lordo si è ridotto del 13%, quasi il doppio della flessione rilevata
nel Centro-Nord, cioè il -7,4%.
Nel 2015 il Pil
crescerà dell’1% al Nord ed appena dello 0,1% al Sud. La fine della crisi lascia un Paese ancora più diviso e diseguale. Il
divario del reddito tra Nord e Sud è tornato a crescere, anche se la
popolazione meridionale è diminuita. Nel Mezzogiorno il reddito pro capite nel 2014 è stato di 16.975 euro, mentre nel Centro-Nord è stato di 31.586 euro, con una differenza di 14.611 euro. Il
differenziale è salito a 46,3 punti percentuali. Tra il 2008 ed il 2014 i consumi sono calati nel Mezzogiorno del
13,2%, più del doppio di quanto registrato nel resto del Paese, dove la
diminuzione è stata del 5,5%. Durante la crisi la flessione della spesa per investimenti è stata rilevante in tutto
il Paese, ma molto più ampia al Sud, dove è diminuita del 38,1%, mentre nel
resto dell'Italia è calata del 27,1%.
Negli
ultimi sette anni il Mezzogiorno è stato penalizzato dalla crisi ed ora rischia
di esserlo anche nella fase di ripresa dell’economica. Scrive la Svimez nel suo rapporto:
‘Dopo il fallimento delle politiche di austerità che hanno aumentato le
differenze tra aree sviluppate ed aree deboli dell’Ue, è giunto il momento di
mettere in campo, con una forte discontinuità rispetto al passato, una
strategia nazionale di sviluppo, all’altezza delle grandi sfide economiche e
sociali che abbiamo di fronte, che ponga al centro il Mezzogiorno’.
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