La vicenda Whirpool di Napoli è emblematica. La delocalizzazione delle fabbriche italiane non è una novità. È solo l’ultimo episodio di una lunga serie
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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Foto da startmag.it |
Dopo
18 mesi di lotte e di scioperi, con un messaggio telefonico, sono stati licenziati
400 addetti, ma il numero raddoppia se consideriamo anche l’indotto. A nulla sono valsi i tentativi di mediazione del Governo. La multinazionale
statunitense negli ultimi anni ha ricevuto circa cento milioni di euro di aiuti
pubblici per continuare a produrre nella città campana. Ed altri poteva
riceverne, ma nulla è riuscito a far cambiare opinione agli amministratori dell’azienda
produttrice di elettrodomestici.
La vicenda della fabbrica della Whirpool di Napoli è solo l’ultima di una lunga serie. Le imprese italiane
ed estere acquisiscono i marchi più famosi del Made in Italy, approfittano
degli aiuti statali e, infine, delocalizzano. Spesso si tratta di aziende che
producono utili e lavoro, ma, nonostante ciò, si trasferiscono all’estero, perché?
La risposta è ovvia: tutto è fatto in funzione della produttività. È la logica del capitalismo, è, cioè, la logica del profitto a tutti i costi. L’obiettivo
degli imprenditori non è il benessere dei lavoratori e delle comunità dove le
aziende hanno la sede e gli stabilimenti, ma l’arricchimento dei proprietari.
Con
la globalizzazione le opportunità di accumulazione del capitale hanno varcato i
confini nazionali, per cui spesso è più conveniente produrre nei paesi dove il
costo del lavoro e delle materie prime sono più bassi.
Intanto,
un’altra fabbrica del Sud chiude i battenti. E centinaia di lavoratori si ritrovano senza un’occupazione stabile. È una sconfitta della politica e degli imprenditori
italiani. È la sconfessione dell’efficacia del Decreto Dignità introdotto dal
Governo ‘pentaleghista’ e, voluto, in particolare da Luigi Di Maio. È la disfatta
dell’operato del ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli e dell’azione
dei sindacati.
Ed è
la dimostrazione dell’inutilità delle politiche di incentivi statali alle imprese
private. I finanziamenti e le agevolazioni concesse per garantire i posti di lavoro
non bastano, occorrono politiche industriali e piani di investimento pubblico nel
medio-lungo periodo. Fino a quando la logica sarà solo quella del profitto, le
delocalizzazioni continueranno, specie nel Sud Italia, ed a pagarne le conseguenze saranno
sempre e solo i lavoratori.
Fonte televideo.rai.it
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