Nei primi sette mesi
del 2015 i contratti di lavoro a tempo indeterminato sono cresciuti di 286mila
unità, ma il divario tra le Regioni del Centro-Nord e quelle del Sud è aumentato
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Nei
primi sette mesi del 2015
i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti di 286mila unità, a
comunicarlo è l’Inps. La percentuale tra quelli nuovi o variati è passata dal
32,8% dei primi sette mesi del 2014 al 40,2% dello stesso periodo del 2015.
La
variazione netta
tra attivazioni e cessazioni dei contratti di lavoro a tempo indeterminato è di
140mila unità, se a questi si aggiungono le variazioni di rapporti a termine e
apprendisti in tempi indeterminati, la variazione netta sale a 527mila unità.
Il
presidente del Consiglio,
Matteo Renzi, ha commentato la notizia con un tweet: ‘Il #JobsAct ha prodotto
286mila stabilizzazioni dall’inizio del 2015. Più diritti e meno precariato,
come promesso #italiariparte’.
Secondo l’Inps questi
dati sono stati determinati innanzitutto dalle normative entrate in vigore quest’anno,
in particolare quella relativa alla decontribuzione fino a 8mila euro per i
contratti stabili ed il Jobs Act con le sue tutele crescenti. Con quest’ultimo
tipo di contratto, infatti, nei primi tre anni di assunzione non è previsto l’obbligo
del reintegro in caso di licenziamento senza una ‘giusta causa’. In sostanza, nonostante i contratti siano a
tempo indeterminato, il dipendente, non usufruendo della tutela prevista dell’articolo
18 dello Statuto dei lavoratori, può essere licenziato in qualsiasi momento.
L’Inps conferma anche
l’aumento del divario tra il Centro-Nord ed il Sud del Paese. L’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato nel 2015 rispetto
al 2014 risulta superiore alla media nazionale del +35,4% in tutte le Regioni
del Centro e del Nord Italia, mentre è nettamente più bassa nel Mezzogiorno.
L’aumento in Friuli-Venezia Giulia è stato dell’85%, in Umbria del 66,5%, nelle
Marche del 55,4%, in Trentino-Alto –Adige del 53,3%, in Piemonte del 53,1%, in
Emilia Romagna del 51,1%, in Liguria del 48,3%, in Veneto del 47,4%, nel Lazio
del 41,9%, in Lombardia del 40,6%, in Toscana del 37,4% e in Sardegna del 36,4%.
I
risultati peggiori sono stati al Sud:
in Calabria l’incremento è stato del 18,6%, in Puglia del 17,3% ed in Sicilia
dell’11,2%.
Insomma, ad avvantaggiarsi con i nuovi
contratti sono soprattutto i datori di lavoro delle Regioni del Centro e del
Nord Italia, mentre nel Mezzogiorno la situazione economica continua ad essere di
sottosviluppo, ma questa non è una novità.
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