sabato 29 ottobre 2022

Don Pino Puglisi, 'sono un rompiscatole'

'Ciò che inferno non è' racconta le ultime settimane di vita di don Pino Puglisi, ma nello stesso tempo descrive la dignità di chi vive in povertà e non si rassegna all'odio

di Giovanni Pulvino

Don Pino Puglisi - (foto da archivioantimafia.org)
Questa estate una cara amica mi ha regalato un libro che stava leggendo dicendomi 'tieni, io per finirlo ne comprerò un'altra copia'. Ed ha aggiunto: 'Si legge con leggerezza'. Conoscendola da sempre mi è bastato poco per capire cosa intendesse dire con quella frase. 'Ciò che l'infermo non è' è la storia di un giovane palermitano e dell'attaccamento alla sua martoriata ed infelice città; ma è anche la scoperta del 'Bene' là dove pensiamo ci sia solo l'inferno. 

E' l'Amore con la A maiuscola, quello che tre P, così era soprannominato Padre Pino Puglisi dai suoi studenti, ha dato al suo quartiere: Brancaccio. Un luogo dove la miseria si vive con dignità, dove emanciparsi è difficile e richiede un coraggio fuori dal comune che tanti di noi non hanno.  

Ecco come don Pino Puglisi accoglieva i suoi alunni il primo giorno di scuola.

'Si era presentato con una scatola di cartone. L'aveva messa al centro dell'aula e aveva chiesto cosa ci fosse dentro. Nessuno aveva azzeccato la risposta. Poi era saltato sulla scatola e l'aveva sfondata. <Non c'è niente. Ci sono io. Che sono un rompiscatole.> Ed era vero. Uno che rompe le scatole in cui ti nascondi, le scatole in cui ti ingabbiano, le scatole dei luoghi comuni, le scatole delle parole vuote, le scatole che separano un uomo da un altro uomo'. 

Ed ecco gli ultimi momenti della sua vita. 

La copertina del libro 'Ciò che inferno
non è' di Alessandro d'Avenia

'Maria ascoltami. Devi trovarti un lavoro. Te li do io i soldi per ora, ma tu promettimi che smetti di prostituirti. No, Maria, me lo devi promettere. Adesso, sì, adesso. Fallo per Francesco. No, non piangere. Ascoltami! Vai in quel centro che ti ho segnalato. puoi stare là, mangiare là, ti aiuteranno a trovare qualche lavoretto. Ho ricevuto una donazione per te. La prossima volta ti porto la busta, i soldi saranno sufficienti intanto che cerchi un lavoro. Ce la fai, tu sei una ragazza forte, sei una madre splendida con un figlio splendido. Ora ti saluto. Non piangere. Io ci sono sempre. Vedrai che andrà tutto bene.

Esce dalla cabina e si avvia verso casa. L'ultimo che incontra è Riccardo, gli fa gli auguri di compleanno e gli dà due baci. <Don Pino si è fatto vecchio>. < Ma che dici, ancora un ragazzino sono>. <Buon Compleanno, parrì>, gli strizza l'occhio e si allontana di corsa.

Lo aspettano con due macchine, le braccia penzolano fuori a lasciar svaporare il fumo e cadere la cenere, una coppia in una e una di appoggio nell'altra. I due che non guidano scendono contemporaneamente. Ormai vicino al portone, don Pino cerca nel borsello le chiavi, ma non fa in tempo ad aprire.

Un uomo che non ha  mai visto gli sbarra la strada. Sta per chiedergli se gli serve qualcosa, ma quello lo precede.

<Parrì, questa è una rapina!>. <Me l'aspettavo.> Gli sorride, don Pino.

Il Cacciatore, che intanto si è portato al suo fianco, gli spara da venti centimetri come l'ultimo dei traditori che non ha il coraggio di guardare in faccia l'avversario. Ma quella posizione di tre quarti gli basta a vedere il sorriso.

Le ultime parole di un uomo sono ciò che conta. Sono il sigillo della sua vita. Lui dice: <Me l'aspettavo>. Lui dice che era pronto, alle 20:40 del 15 settembre 1993. E sorride. Questa è l'ultima parola. Aspettava la morte. L'aspettava come chi va a un appuntamento o riceve una visita a lungo attesa. Lui muore con un sorriso. E non vede i suoi assassini ma due figli: li aspettava, con un sorriso, come un padre che corre incontro al figlio lontano da tempo. Vede attraverso di loro, vede oltre loro. E in quello sguardo loro vedono se stessi com'erano da bambini, il Cacciatore aveva un altro soprannome: Ricciolino. Era il nomignolo con cui lo chiamava sua madre. Quel sorriso lo riporta lì, quel sorriso gli dice: non sai quel che fai, tu sei altro. Quel sorriso è il castigo peggiore che possa capitare a un assassino, e il Cacciatore non potrà più dormire la notte. Ci sono delitti che cercano i loro castighi e finiscono col trovare solo il loro perdono'. 

'Il Cacciatore sorride amaro. Ha ucciso un uomo che sorride'.

'Ci sono posti dove l'inferno non può arrivare, neanche all'inferno'. 

Fonte 'Ciò che inferno non è' di Alessandro d'Avenia



martedì 25 ottobre 2022

Give Peace A Chance

'Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire’, Jean Paul Sartre

di Giovanni Pulvino

Video da Yuotube.com - Give Peace A Chance di John Lennon, 1969

I conflitti armati fanno parte della storia dell’uomo. È difficile spiegarne i motivi, quello che è certo è che 'Quando i ricchi si fanno la guerra tra loro, sono i poveri a morire’.

L’affermazione di Jean Paul Sartre è inconfutabile. Per i ‘potenti’ farsi la guerra è come un gioco, ma a morire non sono loro. A sparare sui campi di battaglia ci vanno coloro che non sanno neanche perché sono lì, che magari non hanno mai imbracciato un fucile e che non hanno mai fatto male a nessuno.

Spesso sono soldati loro malgrado, sono costretti a combattere, ad odiare e ad uccidere per non morire.

La vita è una sola ed è breve, i guerrafondai lo sanno bene. Loro in guerra non ci vanno, comandano ed incitano all’odio, si fanno ragione della vita che non è la loro.

No war è diventata un'affermazione obsoleta, chi osa pronunciarla è tacciato di essere contrario alla 'democrazia' o peggio ancora di essere dalla parte di chi ha 'provocato' la guerra tra Russia ed Ucraina. 

Le ragioni o i torti non sono mai tutti da una parte. Solo il dialogo può porre fine ai conflitti ed impedire l'escalation militare. Vladimir Putin è intenzionato a combattere fino a quando le repubbliche del Donbass non diventeranno russe, gli ucraini sostenuti dalla Nato resisteranno fino a quando queste non torneranno ad essere un loro territorio. Ed allora? Aspettiamo? Cosa? Non possiamo limitarci a mandare armi restando in attesa di vedere chi sarà il primo a premere il 'tasso rosso', a quel punto non si potrà più tornare indietro.

Intanto, mentre i leader delle potenze mondiali e non solo impedisco il confronto, civili e militari continuano a morire.

Diamo una chance alla pace. 

giovedì 13 ottobre 2022

Il discorso di Liliana Segre

Accorato discorso di apertura della XIX legislatura fatto dalla senatrice a vita Liliana Segre, ecco i passaggi più significativi

di Giovanni Pulvino

Liliana Segre 

'Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre, nel quale cade il centenario della marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a me assumere momentaneamente la Presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. Il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente, perché - vedete - ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile, per me, non provare una specie di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare. E oggi si trova, per uno strano destino, addirittura sul banco più prestigioso del Senato....

Le elezioni del 25 settembre hanno visto - come è giusto che sia - una vivace competizione tra i diversi schieramenti che hanno presentato al Paese programmi alternativi e visioni spesso contrapposte. Il popolo ha deciso: è l'essenza della democrazia. La maggioranza uscita dalle urne ha il diritto-dovere di governare; le minoranze hanno il compito altrettanto fondamentale di fare opposizione. Comune a tutti deve essere l'imperativo di preservare le istituzioni della Repubblica, che sono di tutti, che non sono proprietà di nessuno, che devono operare nell'interesse del Paese e devono garantire tutte le parti....

In Italia il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l'unità del nostro popolo è la Costituzione repubblicana che - come dice Piero Calamandrei - è non un pezzo di carta, ma il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943, ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti ...

Il pensiero corre inevitabilmente all'articolo 3, nel quale i Padri e le Madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali, che erano state l'essenza dell'ancien regime. Essi vollero anche lasciare un compito perpetuo alla Repubblica: «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Non è poesia e non è utopia. È la stella polare che dovrebbe guidarci tutti, anche se abbiamo programmi diversi per seguirla: rimuovere gli ostacoli....

Il 25 aprile, Festa della liberazione, il 1° maggio, Festa del lavoro, il 2 giugno, Festa della Repubblica .... date che scandiscono un patto tra le generazioni, tra memoria e futuro, grande potrebbe essere il valore dell'esempio, di gesti nuovi e magari inattesi.

Dalle istituzioni democratiche deve venire il segnale chiaro che nessuno verrà lasciato solo, prima che la paura e la rabbia possano raggiungere livelli di guardia e tracimare.

Senatrici e senatori, cari colleghi, buon lavoro'.

Fonte senato.it



martedì 11 ottobre 2022

Tesori di Sicilia: colori di ottobre

 di Giovanni Pulvino

Litorale tirrenico tra Cefalù e Finale (Sicilia)  
Foto di Giovanni Pulvino, 11 ottobre 2022 

Blu su blu, verde smeraldo 
trasparente come solo l'acqua marina può essere
 
i sassi color della terra celano la vita
ma non oggi

 gli sguardi rubano quello che non sempre è 

passerà 
come tutto come tutti

e, ritornerà 
per altri

ancora e ancora

blu su blu, verde smeraldo, trasparente 
come solo ad ottobre può essere
come solo in Sicilia può essere








venerdì 7 ottobre 2022

Elezioni: una minoranza deciderà per tutti

La leader della Destra, Giorgia Meloni, si appresta a governare il Paese con il consenso di un elettore su sette, ma com'è possibile?

di Giovanni Pulvino

Seggi attribuiti nelle elezioni politiche del 25/09/2022 
(Foto da notizie.virgilio.it)

Nella 'prima Repubblica' quando alle urne si recava oltre l'ottanta per cento degli italiani per governare ed avere una maggioranza solida occorreva avere il consenso della metà più uno dei voti. 

Nella 'seconda Repubblica' invece basta avere la maggioranza relativa. Com'è possibile? 

All'inizio degli anni Novanta a seguito del referendum che ha abrogato il voto di preferenza fu introdotto il sistema elettorale maggioritario. Meccanismo modificato più volte nel vano tentativo di garantire governi stabili. 

Con le elezioni del 25 settembre scorso ci sono forze politiche che hanno ottenuto un numero di seggi simile a quello di altri schieramenti che hanno avuto un consenso elettorale inferiore.

La  Lega (8,7%) di Matteo Salvini pur avendo meno della metà dei voti del Pd (19,1%) ha ottenuto un numero di parlamentari quasi uguale. E' uno degli effetti paradossali del 'Rosatellum', la legge elettorale voluta da Matteo Renzi e che il Partito democratico e il M5s non hanno saputo o voluto cambiare quando avrebbero potuto farlo. 

Giorgia Meloni si considera la vincitrice delle elezioni con appena il 26% dei consensi. Se consideriamo tutti gli aventi diritto al voto la percentuale scende al 16,64% (26*64/100). La leader della Destra si appresta a governare il Paese con il consenso di un elettore su sette. La coalizione di Centrodestra ha ottenuto il 44,1% dei voti che, in valori assoluti, corrisponde ad un italiano su tre.

Una minoranza deciderà per tutti.

Chi dobbiamo ringraziare per questo capolavoro giuridico-istituzionale? Quando non si hanno radici solide e strategie di lungo periodo si finisce per cercare una scorciatoia. Il trasformismo diventa la regola ed il sistema elettorale uno strumento per ottenere consensi 'effimeri e momentanei', oltreché minoritari. 

I sotterfugi e le ‘furberie’ della classe dirigente che ha governato il Paese negli ultimi tre decenni hanno alimentato l’antipolitica, soprattutto quella legata ai valori della solidarietà e della giustizia sociale.

E' tempo di tornare agli ideali. 

Per farlo occorre essere umili e seri. Trent'anni di berlusconismo e di edonismo reaganiano rendono tutto più complicato, ma non c'è e non ci può essere un'altra strada, almeno per la Sinistra italiana.