I pensieri corrono dove vogliono, come sempre. Solo la stanchezza può fermali, ma è solo un attimo, poi ripartono sempre senza volere
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
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La Torre (foto di Ciccia Antonino) |
Durante
l’estate era nostra abitudine andare alla
Torre per fumare di nascosto una sigaretta o semplicemente per ammirare il
panorama. Da lì potevamo distinguere le sagome delle isole Eolie, a sinistra
la Rocca di Cefalù e dal lato opposto le case di Porta Palermo a Santo Stefano
di Camastra. Oltre la curva c’era la campagna. Un chilometro più in là c’era ‘Maccarruni’. Per arrivarci dovevamo percorrere un sentiero in terra battuta. Ci andavamo per giocare o per 'allenarci'. Passeggiando
o correndo per quella strada avevi la sensazione di essere immerso nel verde, tra
alberi di ulivo, di limoni ed aranci. C'erano diverse coltivazioni accudite con cura. I solchi dell’acqua erano ben in vista e
ben allineati per assicurare l’irrigazione continua delle piante. Raramente vedevamo i proprietari e, per rispetto, mai avevamo la tentazione di cogliere
un frutto. Eri in mezzo alla natura, si direbbe oggi. Respiravamo aria pura ed incontaminata. Un intenso profumo di
zagara e di agrumi ti avvolgeva, anche se, essendo un posto isolato, avevi la
sensazione di essere in un mondo nuovo, misterioso. In alcuni punti si vedeva
il mare, che era cinquanta metri più in basso, ma anche se non si scorgeva sapevi
che c’era. Questo bastava a consolarti.
Che
belli questi pensieri, ti deviano per portarti altrove, ma ora è tempo di
tornare al principio.
In due o tre stavamo seduti sul muretto in pietra ad ammirare il
panorama. Subito sotto, quasi in verticale, vedevamo la strada statale, che curva in
quel punto, in basso lo scoglio. Sembrava di starci sopra. Da lì potevamo distinguerne
la forma, anzi nelle giornate di mare calmo si vedeva anche il fondale
sabbioso o, com’era più spesso, pieno di pietre. Qualcuno o qualcuna aveva la
cattiva abitudine di andare alla Torre in modo ‘furtivo’, cioè si nascondeva
alla vista di chi stava sulla riva o in acqua. Lo scopo era quello di spiare
chi andava a fare il bagno proprio lì sotto o nel tratto di mare subito oltre
lo scoglio.
Cielo azzurro, mare piatto e là in fondo l'orizzonte che fa un tutt'uno con il cielo, nient'altro, ma questo bastava, e basta ancora oggi per non pensare, per dimenticarsi.
Una
volta da quel punto uno di noi per gioco e per superficialità, quella tipica
dei ragazzini, lanciò un sassolino per colpire un’auto che stava passando. Purtroppo
per noi, il conducente si fermò. Sapevamo chi era. Non ci mise molto a capire da dove era
arrivata la pietra e, conoscendo la strada, corse a velocità verso di noi.
Scappammo via, ma richiamammo il nostro compagno: ‘sono cose che non si fanno’,
gridammo. Quando si è giovani si è leggeri e ingenui. Quel giorno avremmo potuto
fare un danno enorme al conducente, per fortuna fu solo paura e rabbia per Lui
e per Noi che eravamo altrettanto sorpresi per quel gesto stupido e pericoloso.
Non solo i colori del cielo e del mare, ma anche leggerezza ed uno scorrere lento ed inconsapevole del tempo e della vita che in esso si manifesta e si dilegua.
La Torre è un punto di osservazione perfetto, da lì si può vedere tutto il Borgo o
quasi. La frazione è piccola, ma divisa in due dalla strada statale che un
tempo non era asfaltata. Quelli che dimoravano nella parte bassa erano i 'torremuzzari',
quelli che invece avevano l’abitazione nella parte alta erano i ‘nzusari’.
Quando sei bambino anche piccole distanze ti sembrano enormi se non conosci i
luoghi. Si sa, la consapevolezza abbatte i muri, sempre. Per noi era un altro
paese, in realtà erano solo pochi metri, quelli necessari per attraversare
la strada. Poi cresci e ti rendi conto che i ‘muntagnoli’ erano
semplicemente coloro che raramente venivano al mare e che per questo avevano avuto
qualche difficoltà ad imparare a nuotare, qualcuno di loro non ha mai imparato.
I ricordi seppur scoloriti non vanno via, restano lì in attesa di essere rivissuti ancora una volta, l'ultima.
Pochi passi ci separavano, ma le differenze sembravano tante. Noi 'torremuzzari' ci sentivamo privilegiati rispetto ai nostri coetanei ‘nzusari’. Due piazzette, un cortile, ‘a vanedra’, i
ponti della ferrovia, lo stabilimento, la spiaggia, il mare, e, ogni tanto, le escursioni in campagna, nient’altro. Era
il nostro piccolo mondo. Non c'erano pericoli, le macchine erano poche ed eravamo liberi di muoverci,
di giocare, di bisticciare, di fantasticare. Quando
si è piccoli si è innocenti e basta poco per essere felici. Ma il tempo non si
può fermare, soprattutto quello delle piccole gioie.
È un attimo, solo un attimo. Poi
il nulla, ecco cosa resterà, il nulla. Vorresti tornare indietro, ma non puoi,
sei inchiodato al presente. Ed anche quando vorresti afferrare la realtà non
puoi, è già oltre, è già passato. Rimane solo il ricordo, ma solo di chi c’era
e c’è ancora. E tra poco neanche quello. Siamo memoria effimera. Solo un
mucchio di pensieri a termine. Nient’altro.