Tra il
2001 e il 2014 il Pil del Mezzogiorno è cresciuto la metà di quello della
Grecia ed è concreto il rischio che al Sud la crisi ciclica si trasformi in
sottoviluppo permanente
di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)
Negli
ultimi tredici anni
il nostro Paese è stato quello che è cresciuto di meno tra quelli dell’area
Euro a 18. Questo è quanto emerge dalle anticipazioni del rapporto Svimez sull’economia
del Mezzogiorno 2015 presentato oggi a Roma.
Tra
il 2001 ed il 2014
l’Italia è cresciuta del 20,6% rispetto ad una media degli altri paesi del 37,3%.
Abbiamo fatto meno della Grecia che è cresciuta nello stesso periodo del 24%,
ovviamente ciò è avvenuto per effetto dello sviluppo registrato negli anni
precedenti alla crisi.
Nel
Mezzogiorno il Pil è aumentato solo del 13% cioè metà di quello della Grecia ed oltre 40 punti in meno della
media delle regioni dell’Europa a 28 (+53,6%).
Dall’inizio
della crisi i consumi nel Meridione sono crollati del 13,2%, cioè il doppio che nel resto del
Paese e gli investimenti del 38%, in particolare quelli industriali sono
crollati del 59%.
Nel
2014 il divario del Pil pro capite tra Centro – Nord e Sud è tornato ai livelli
dello secolo scorso,
con una diminuzione del 63,9% rispetto al valore nazionale.
Il
crollo degli investimenti e dei consumi sia pubblici che privati, oltre ad essere stati determinati della crisi
economica e dai problemi derivanti dalla globalizzazione, sono la diretta
conseguenza delle politiche economiche e dei tagli alla spesa pubblica, in particolare
quella in conto capitale, decise negli ultimi 20 anni dai governi nazionali.
Sono cioè anche il risultato delle cosiddette politiche federaliste che hanno
impoverito le regioni del Sud e che, negli ultimi sette anni, hanno limitato le
conseguenze della crisi nel Settentrione.
Non sorprende quindi
se, secondo il rapporto Svimez, il Sud “è ormai a forte rischio di
desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe
impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare
la crisi ciclica in sottosviluppo permanente”.
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