giovedì 30 luglio 2015

Svimez: il Sud fa peggio della Grecia

Tra il 2001 e il 2014 il Pil del Mezzogiorno è cresciuto la metà di quello della Grecia ed è concreto il rischio che al Sud la crisi ciclica si trasformi in sottoviluppo permanente  

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Negli ultimi tredici anni il nostro Paese è stato quello che è cresciuto di meno tra quelli dell’area Euro a 18. Questo è quanto emerge dalle anticipazioni del rapporto Svimez sull’economia del Mezzogiorno 2015 presentato oggi a Roma.
Tra il 2001 ed il 2014 l’Italia è cresciuta del 20,6% rispetto ad una media degli altri paesi del 37,3%. Abbiamo fatto meno della Grecia che è cresciuta nello stesso periodo del 24%, ovviamente ciò è avvenuto per effetto dello sviluppo registrato negli anni precedenti alla crisi.
Nel Mezzogiorno il Pil è aumentato solo del 13% cioè metà di quello della Grecia ed oltre 40 punti in meno della media delle regioni dell’Europa a 28 (+53,6%).
Dall’inizio della crisi i consumi nel Meridione sono crollati del 13,2%, cioè il doppio che nel resto del Paese e gli investimenti del 38%, in particolare quelli industriali sono crollati del 59%.
Nel 2014 il divario del Pil pro capite tra Centro – Nord e Sud è tornato ai livelli dello secolo scorso, con una diminuzione del 63,9% rispetto al valore nazionale.
Il crollo degli investimenti e dei consumi sia pubblici che privati,  oltre ad essere stati determinati della crisi economica e dai problemi derivanti dalla globalizzazione, sono la diretta conseguenza delle politiche economiche e dei tagli alla spesa pubblica, in particolare quella in conto capitale, decise negli ultimi 20 anni dai governi nazionali. Sono cioè anche il risultato delle cosiddette politiche federaliste che hanno impoverito le regioni del Sud e che, negli ultimi sette anni, hanno limitato le conseguenze della crisi nel Settentrione.
Non sorprende quindi se, secondo il rapporto Svimez, il Sud “è ormai a forte rischio di desertificazione industriale, con la conseguenza che l’assenza di risorse umane, imprenditoriali e finanziarie potrebbe impedire all’area meridionale di agganciare la possibile ripresa e trasformare la crisi ciclica in sottosviluppo permanente”. 

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