giovedì 1 settembre 2022

The Cranberries - Zombie (Official Music Video)

L’Italia non è un Paese di Destra

La Destra essendo meno ideologica della Sinistra si coalizza sugli interessi e non sui principi, questo facilità le alleanze elettorali, ma non è vero che è maggioranza nel Paese

di Giovanni Pulvino

L’Italia è per i leader della Destra un Paese moderato o conservatore. Questa è una convinzione che non ha una base reale. Ribadirlo spesso lo rende quasi una certezza per l’opinione pubblica più ingenua e meno acculturata. Lo scopo è quello di convincere gli indecisi, soprattutto quelli che vanno a votare solo se ne possono trarre un tornaconto personale. 

Foto da ilmetropolitano.it
Ma cosa c’è di vero? Nulla.

Cosa vuol dire essere di sinistra o di destra, moderati o progressisti, radicali o liberali? Per gli economisti la discriminante principale tra le due ideologie è il ruolo dello Stato. Oggi è evidente che l’ente pubblico è funzionale anche per affrontare e risolvere le inefficienze del sistema economico.

Negli Usa, una delle più grandi aziende private, la Chrysler, è stata salvata dagli aiuti di Stato concessi dall’allora presidente Barak Obama. La Fiat oggi Fca deve il suo sviluppo e spesso il suo salvataggio agli aiuti dello Stato italiano. Incentivi alle vendite, cassa integrazione, agevolazioni creditizie e fiscali, fornitura di mezzi alle Forze dell’ordine, ect.. Ed ancora. Mediaset senza i decreti fatti dal Pentapartito negli anni Ottanta non esisterebbe. Poi gli aiuti ad Alitalia, oggi Ita, al Monte dei Paschi, ect.. l’elenco è lungo.

Interventi pubblici che hanno favorito l’arricchimento di poche famiglie di industriali ma che, nello stesso tempo, non hanno ridotto le disuguaglianze e le ingiustizie sociali. 

Il ruolo dello Stato in economia non è più una discriminante ideologica, forse non lo è mai stata, allora, cosa differisce oggi la Destra dalla Sinistra?

Di certo gli interventi pubblici possono fare la differenza, ma solo se questi incidono sui privilegi. Essere progressisti vuol dire combattere le disuguaglianze, essere moderati vuol dire tutelare gli interessi dei ceti sociali benestanti.

Fino a quando ci saranno i poveri, i precari, i disoccupati, i ricchi esisteranno coloro che si batteranno per ridurre le differenze sociali e coloro che faranno di tutto per mantenerle.

I milionari sono una minoranza, questo è certo, com’è possibile allora che il nostro Paese sia di Destra? La risposta è semplice: non è vero. L'incongruenza è elettorale, non sociale.

Secondo l’ultimo sondaggio pubblicato da La7 il Centrodestra sarebbe al 45,9%, mentre il campo largo del Centrosinistra, formato dai democratici e progressisti di Enrico Letta, sarebbe al 29%, il M5s all'11,6% ed il cosiddetto Terzo polo di Carlo Calenda al 6,8%. Senza considerare i consensi che riuscirà ad ottenere l’Unione popolare di Luigi De Magistris, il campo largo del Centrosinistra potrebbe raggiungere il 40,6% e con il cosiddetto Terzo polo addirittura il 47,6%.

La Destra non è maggioranza in Italia, ma è meno ideologica della Sinistra, si coalizza sugli interessi e non sui principi, questa facilità le alleanze. Inoltre, una parte della popolazione preferisce affidarsi al potente di turno anziché combatterlo.

È una questione culturale o come avrebbero detto Karl Mark, Antonio Gramsci o Enrico Berlinguer di mancanza di consapevolezza della coscienza di classe che purtroppo è lontana dal divenire.

Fonte La7.tv

domenica 28 agosto 2022

Tesori di Sicilia: 'Ed è subito sera'

 di Barbera Erina

Torremuzza, Sicilia - Tramonto di agosto 2022
(foto di Barbera Erina)

'Ognuno sta solo sul cuore della terra
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera'.

(Salvatore Quasimodo)



venerdì 26 agosto 2022

Quasi 15 milioni di italiani sono a rischio povertà

Cresce il rischio di cadere in povertà ed il Rdc non dà dignità a chi vuole non vuole vivere di assistenza

di Giovanni Pulvino

Foto da farodiroma.it
Nel 2021 il rischio di cadere in povertà in Italia è passato dal 20% al 20,1%. A sostenerlo sono i dati pubblicati dall'Eurostat. S
ono 11,84 milioni le persone che hanno percepito un reddito inferiore al 60% rispetto a quello medio. Se si considera anche il rischio di esclusione sociale, la percentuale sale al 25,2%. Si tratta di 14,83 milioni di individui che ‘non possono permettersi una serie di beni materiali o attività sociali o vivono in famiglie a bassa intensità lavorativa’. 
Un bambino su quattro vive in famiglie a rischio povertà, sono 667mila, in aumento rispetto ai 660mila dell’anno prima. Il tasso è al 26,7% rispetto al 23,8% del 2020, ma sale al 31,6% rispetto al 27% dell’anno precedente se consideriamo anche le famiglie a rischio di esclusione sociale.

È il dato peggiore dal 1995.

Questa situazione dovrebbe indurre i partiti a mettere al centro del dibattito elettorale la questione sociale, invece non è così, perché? Quasi tutte le forze politiche hanno annunciato di voler modificare o addirittura cancellare il Reddito di cittadinanza. I leader della Destra hanno proposto di utilizzare quelle risorse per finanziare la flat tax o tassa piatta. Può sembrare paradossale, ma nella sostanza s’intende togliere ai poveri per dare ai benestanti.  

Il Rdc va ‘revisionato’.

Tra i percettori dell’indennità voluta dal M5s ci sono soggetti che non sono in grado di lavorare o che hanno un lavoro saltuario, ma ci sono anche coloro che potrebbero farlo ma si ‘accontentano’ dell’indennità che percepiscono.

L’errore principale è stato quello di aver messo insieme povertà e politiche attive sul lavoro. Molte mansioni oltre ad essere precarie e saltuarie sono mal retribuite. Questo non incentiva i giovani. Lavorare per rimanere poveri scoraggia anche i più volenterosi. In secondo luogo, le maggiori opportunità occupazionali sono soprattutto nel nord del Paese o all’estero. Per i migranti meridionali non c’è solo il trauma dell’abbandono di amici e parenti, ma, spesso, si va a svolgere una mansione che è precaria o a tempo determinato e con il rischio concreto di cadere in povertà.

Il Rdc è necessario, ma non risolve i problemi sociali e soprattutto non dà dignità a chi non vuole vivere di assistenza. 

Fonte Eurostat  

domenica 21 agosto 2022

La famiglia ‘tradizionale’ secondo i leader della Destra

‘Dio, patria e famiglia’ è uno slogan fascista che i leader del Centrodestra, in particolare Giorgia Meloni, ripetono spesso, ma nella loro vita privata essi agiscono in tutt’altro modo

di Giovanni Pulvino

Manifesto elettorale di FdI
(foto di @NelloBattiloro - Twitter)
La famiglia per Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni è quella fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Tuttavia, i leader della Destra nella loro vita privata spesso non rispettano il principio dell’indissolubilità del vincolo coniugale. La contraddizione tra quanto sostenuto e quanto praticato nella vita quotidiana è evidente. Le biografie dei tre politici non ammettono equivoci.

Convivono, hanno contratto più matrimoni, hanno avuto figli da più relazioni, non rispettano i principi affermati dal diritto canonico, eppure continuano a propugnare i valori della famiglia tradizionale.

Una volta questa era composta da marito, moglie e figli. Fino all’introduzione del divorzio, avvenuta nel 1970, si poteva contrarre un secondo matrimonio solo dopo aver raggiunto lo status di vedovo/a.

Con l’entrata in vigore di quella legge si sono create sempre più le cosiddette ‘famiglie allargate’, quelle composte da nuovi partner e dai figli di quest’ultimi.

Secondo un’indagine Istat oggi in Italia ci sono circa mezzo milione di famiglie ‘ricomposte’, cioè con coppie in cui almeno uno dei due coniugi o compagni/e ha avuto un matrimonio o una separazione.

Ognuno di noi può gestire la sua vita come meglio crede. I rapporti iniziano, magari finiscono, altri cominciano, non c’è nulla di straordinario o di illegittimo. Quello che è incomprensibile e paradossale è dire una cosa e farne un’altra. Difendono la famiglia tradizionale declamandola continuamente come un valore fondamentale del popolo italiano, ma poi i leader della Destra agiscono come un ‘comunista’ qualsiasi.

Le regole ed i principi valgono solo per gli altri, soprattutto per gli avversari politici. L’intento di Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi è ottenere consensi tra coloro che sono più sensibile a quei valori. E se qualcuno fa notare la loro mancanza di coerenza, pazienza.

Fonti wikipedia.org e REDNEWS

giovedì 18 agosto 2022

‘C’è un presidente un solo presidente’, cioè Silvio Berlusconi, chi altri

La linea politica di Silvino Berlusconi è fondata sul 'laissez faire' e sulla leadership, la sua ovviamente, nella sua vita non ha fatto altro e non potrà esserci altro. L’età non conta. I suoi emuli, e sono tanti, dovranno aspettare ancora

di Giovanni Pulvino

Il palazzo del Quirinale e Silvio Berlusconi
(foto da it.wikipedia.org)

L’inno di Forza Italia esprime meglio di qualunque analisi politica il pensiero del suo ideatore. Il partito non sarebbe nato senza l’azienda di proprietà e quest’ultima probabilmente sarebbe fallita senza il partito. FI non potrebbe esistere senza il fondatore della Fininvest. In tanti nel corso degli anni hanno tentato di prenderne il posto senza riuscirci. Pierferdinando Casini, Gianfranco Fini, Angelino Alfano, Stefano Parisi, Giovanni Toti, ect… l’elenco è lungo.

C’è un presidente un solo presidente’, sottolinea il ritornello della canzone. Silvio Berlusconi è e si sente il presidente, ogni altra ipotesi è inaccettabile per i suoi dipendenti, per il suo elettorato e per sé stesso. Presidente di Mediaset, del Milan, di Forza Italia, del Popolo della libertà, del Consiglio dei ministri, persino del Monza calcio, ect…

Dopo l’accordo stipulato pochi giorni fa tra i tre leader della Destra, Giorgia Meloni, Matteo Salvini e lo stesso Silvio Berlusconi, che prevede la presidenza del Consiglio per l’esponente di FdI, l’ex Cavaliere ha subito rilanciato. È chiaro che non accetta un ruolo di secondo piano. Dapprima ha paventato una sua non candidatura, dopo ci ha ripensato ed infine ha dichiarato che ‘non intende’ fare il presidente del Senato. Con la successiva dichiarazione abbiamo capito perché. Lui vuole fare il presidente della Repubblica, non il vice. E siccome non ci riesce con l’attuale sistema di elezione previsto dall’articolo 83 della Costituzione ha pensato bene di indicare come primo punto del programma della coalizione di Centrodestra l’elezione diretta del capo dello Stato.

La linea politica di Silvino Berlusconi è fondata sul laissez faire e sulla leadership, la sua ovviamente, nella sua vita non ha fatto altro e non potrà esserci altro. L’età non conta. I suoi emuli, e sono tanti, dovranno aspettare ancora.

Pochi mesi fa, in occasione dell'elezione del presidente della Repubblica, insistette con Matteo Salvini per sostenere la sua candidatura, quando capì che non sarebbe stato eletto rinunciò, a quel punto non gli rimase che mettere il suo imprimatur sulla rielezione di Sergio Mattarella. Ora, dopo le dimissioni nel 2011 da presidente del Consiglio (lo fece per salvare le sue aziende) e la mancata elezione a capo dello Stato, spera nella rivincita.

L’accordo elettorale tra i tre leader delle Destre è chiaro. A FdI andrà la presidenza del Consiglio, alla Lega il ministero dell’Interno, a Silvio Berlusconi la presidenza del Senato, ma solo in attesa della riforma costituzionale che dovrebbe introdurre l’elezione diretta del presidente della Repubblica. A quel punto le dimissioni di Sergio Mattarella diventerebbero, secondo il leader forzista, inevitabili. Quel posto spetta a Lui. 

Ovviamente tutto questo potrà realizzarsi solo se la Destra otterrà una larga maggioranza in Parlamento.



martedì 16 agosto 2022

Tesori di Sicilia: Torremuzza, tramonti di agosto

 di Barbera Erina

Torremuzza - Sicilia - Tramonti di agosto 2022
(foto di barbera Erina)

Bianco, giallo, arancione, rosso

sotto, invisibile, il blu del mare

e là, in fondo, il cielo azzurrognolo che si staglia, verso occidente, verso l'infinito

È un sogno che diventa realtà, è un fuoco senza tempo che si accende ogni sera, tutti i giorni, eterno, sempre diverso

non è un'illusione, sono i tramonti di agosto, sono i tesori di Sicilia

sabato 13 agosto 2022

La Destra perde il pelo ma non il vizio

Un presidente eletto da una minoranza non potrà mai rappresentare tutti gli italiani, allora perché i leader della Destra insistono con l’elezione diretta del capo dello Stato?

di Giovanni Pulvino

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi 
(foto da wikipedia.org)

L’elezione diretta del presidente della Repubblica è la principale proposta elettorale della Destra. Questa riforma comporterebbe la riscrittura della Costituzione e non importa se la Sinistra non è d’accordo, Silvio Berlusconi, Matteo Salvini e Giorgia Meloni insistono. Vogliono fare da soli o è solo propaganda elettorale?

L’art. 83 della Costituzione italiana stabilisce: ‘Il Presidente della Repubblica è eletto dal Parlamento in seduta comune dei suoi membri. All'elezione partecipano tre delegati per ogni Regione eletti dal Consiglio regionale in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. La Valle d'Aosta ha un solo delegato. L'elezione del Presidente della Repubblica ha luogo per scrutinio segreto a maggioranza di due terzi dell'assemblea. Dopo il terzo scrutinio è sufficiente la maggioranza assoluta’.

Lo scopo della norma costituzionale è quello di impedire l’elezione del capo dello Stato da parte di una minoranza come invece accadrebbe con l’introduzione della nuova forma di governo propugnata dalla Destra, cioè la Repubblica presidenziale. In questo caso sarebbe sempre una figura di parte, non potrebbe in nessuno caso rappresentare tutto il Paese. Non solo, ricoprirebbe anche il ruolo di presidente del Consiglio e probabilmente disporrebbe di un'ampia maggioranza parlamentare. Si potrebbe determinare una concentrazione di poteri assai pericolosa per la democrazia, noi italiani lo sappiamo bene o, meglio, dovremmo saperlo, allora perché la Destra insite per l’elezione diretta del capo dello Stato?

La democrazia ed il confronto sarebbero una 'fatica inutile', meglio che sia il Capo ad assumersi la responsabilità di decide per tutti e non importa se tra questi tutti c'è chi non è d’accordo.

I disastri compiuti dal fascismo non sono bastati per togliere dalla mente e dai cuori di tanti, troppi nostalgici l’idea dell’uomo solo al comando.

Nel 1932 Emil Ludwig durante un’intervista domandò a Benito Mussolini: ‘Ma deve essere ben difficile governare gente così individualista ed anarchica come gli italiani’. La risposta del Duce fu: ‘Difficile? Ma per nulla. È semplicemente inutile’. Ed ancora: ‘I regimi democratici possono essere definiti quelli nei quali, di tanto in tanto, si dà al popolo l'illusione di essere sovrano.. La democrazia è un regime senza re, ma con moltissimi re talora più esclusivi, tirannici e rovinosi che un solo re che sia tiranno’.

Oggi come allora le regole della democrazia costituirebbero un'inutile e costosa perdita di tempo. Troppi vincoli impedirebbero il governo del Paese. Il Presidente deve essere un Capo, non un mediatore. 

Se i presupposti sono questi, allora dobbiamo chiederci cosa succederà quando le Destre avranno le leve del potere in mano?

Per gli antifascisti non c’è tempo da perdere, tra poco potrebbe essere troppo tardi.

Fonti: senato.it, frasicelebri.it e le-citazioni.it

giovedì 11 agosto 2022

Brezza marina e 100 ml di succo di frutta alla pera

Un sorso basta per farti tornare indietro nel tempo, quando il poco che c’era era tutto

di Giovanni Pulvino

Torremuzza (Sicilia), 26 luglio 2022 (foto di Barbera Erina)

Nei pomeriggi di luglio non potevamo non goderci la brezza marina, il mare appena increspato dal venticello di levante si colorava di un blu intenso e, là in fondo, il cielo azzurro tracciava una linea intervallata dalle sagome quasi trasparenti delle isole Eolie, in quell’infinito di sfumature si perdevano i nostri sguardi di adolescenti ed i nostri inutili pensieri.

Stavamo così, seduti a leggere un libro o ad assaggiare dalla mini-bottiglietta il succo di frutta alla pera, a volte era una gazzosa, frizzante e dolce, a volte era altro, assaporavamo quelle bibite appena uscite dall’indistruttibile ’Indesit’, lo facevamo con lentezza, un poco per volta, per farli durare di più, per gustarli fino all’ultima goccia …

Li vendeva il fruttivendolo di Reitano, non ricordo il nome, di certo gli avevamo dato un soprannome curioso, forse era ‘u pisiedru’, ma non sono sicuro. Passava ogni settimana con il suo camioncino carico di frutta, ortaggi e verdure di ogni tipo. M. lo chiamava le tre P perché per richiamare l’attenzione delle casalinghe gridava: pummaruoro, patati, pisedri’. 

In frigorifero ce n’era sempre una confezione da sei. Erano cento ml di succo alla pera, non alla pesca, ma rigorosamente alla pera. Poco? Questo era, ma bastava. Aveva un sapore dolce ed intenso, di quelli che ti rimangono impressi nella memoria come uno sguardo, una parola non detta, un gesto involontario, un vuoto che non potrai mai colmare.

Ed ora è ancora lì, aspetta per tornare ancora una volta, come tutto come tutti, ... come la frase di una canzone, di quelle che segnano il trascorrere del tempo ...

Vorrei dirti le stesse cose .. ma come fan presto amore ad appassir le rose … e quando ti troverai in mano quei fiori appassiti al sole di un aprile ormai lontano … li rimpiangerai ma sarà la prima che incontri per strada che tu coprirai d’oro per un bacio mai dato per un amore nuovo …’  

......

lunedì 8 agosto 2022

Il Generale senza truppe ha detto no

Pretendono, pongono veti, dettano la linea politica, mancano di umiltà, sono autoreferenziali, si sentono indispensabili, ma sono solo Generali senza truppe    

di Giovanni Pulvino

I partiti più piccoli pur non avendo un ampio consenso elettorale a volte riescono ad essere determinanti nella formazione delle maggioranze parlamentari. Succedeva nella Prima Repubblica e continua a ripetersi nella Seconda con la differenza che allora il sistema elettorale era quello proporzionale e per governare occorreva avere una maggioranza effettiva nel Paese.

La quota di maggioritario (37%) prevista dal Rosatellum ha aumentato notevolmente il potere di condizionamento delle piccole formazioni politiche e le maggioranze che si formano in Parlamento spesso non corrispondono a quelle del Paese. La necessità di coalizzarsi non è più programmatica o ideale, ma è elettorale.

Il trasformismo ed i cambi di ‘casacca’ oltre ad essere poco etici sono inevitabili.

La legge voluta dal governo di Matteo Renzi riesce a riprodurre contemporaneamente gli aspetti più negativi del sistema proporzionale e di quello maggioritario. Non garantisce la governabilità e non consente ai partiti, sia grandi che piccoli, di essere autonomi. Tutte le formazioni politiche sono ‘costrette’ al compromesso prima delle elezioni, ma possono far saltare tutto subito dopo.

I generali senza truppe si moltiplicano, soprattutto nello schieramento di Centrosinistra. Il loro potere di contrattazione a volte è superiore alla loro forza elettorale. Il partito di Carlo Calenda, Azione, è l’esempio più evidente di questa tendenza.

Rappresenta un numero piuttosto limitato di cittadini, non ha un apparato adeguato per la formazione delle liste, eppure ha dimostrato di avere un potere di negoziazione elevatissimo. Nella trattativa con il Pd l’ex ministro dello sviluppo Economico ha imposto il numero dei seggi da garantire ai suoi candidati, ha messo veti e pretendeva di stabilire la linea politica a tutto il Centrosinistra come se fosse il leader.

Il passo indietro delle ultime ore è emblematico. Gli accordi si fondano sui compromessi, non possono essere frutto di imposizioni e veti. Ora, Enrico Letta può rimediare al suo errore inziale, quello di aver escluso il M5s e l’Unione popolare di Luigi de Magistris da ogni possibile accordo elettorale.

Rimanere inerti e andare al voto divisi è da irresponsabili.

Se si è umili si può, anzi si deve fare se non si vuole consegnare il Paese alle Destre.