domenica 24 novembre 2019

Perché nelle scuole non si fa la raccolta differenziata?

‘Differenziamoci’ è il nome del progetto proposto ai loro alunni dai docenti dell’Itet di Sant’Agata di Militello, l’obiettivo è abituare gli allievi ad agire con senso civico e per la salvaguardia dell’ambiente 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


L'incontro sul progetto 'Differenziamoci' presso l'aula magna
dell'Itet di Sant'Agata Militello - (foto da amnotizie.it)
L’iniziativa è nata da una semplice domanda: perché nelle scuole è così difficile fare la raccolta differenziata? Dipenderà dalla scarsa volontà dei docenti? Oppure dalla mancanza di risorse finanziarie? O più semplicemente è dovuta alla scarsa attitudine a 'differenziare' dei ragazzi e di quanti lavorano nelle scuole italiane? Probabilmente tutti questi fattori influiscono. Quello che è incomprensibile è il fatto che nelle nostre case la differenziazione dei rifiuti è ormai diventata un’abitudine, almeno per la maggior parte delle famiglie, mentre non si riesce a promuovere la stessa attività civica in un ambiente come quello scolastico, dove dovrebbe essere quasi naturale realizzarla. Il risparmio economico e la salvaguardia dell'ambiente dovrebbero essere due incentivi sufficienti per essere buoni cittadini. Ma così non è, allora perché si ricicla in un luogo privato ed invece non lo si fa in uno pubblico?
Sui nostri comportamenti influiscono gesti, parole, atti che, ripetuti nel tempo, diventano consuetudini difficili da modificare. Il senso civico dei cittadini ha un presupposto ineliminabile: esso è sempre un atto compiuto per il benessere collettivo. Non c'è, quindi, un interesse personale diretto ed immediato, pertanto non è degno di attenzione. Superare questa contrapposizione è per molti impossibile o quasi. Combattere l’individualismo degli italiani può apparire come una battaglia persa in partenza, ma essa va intrapresa con fiducia e caparbietà. Ed è quello che intendono fare con il progetto ‘Differenziamoci’ i docenti dell’Itet Nocifora, Spitaleri, Mazzeo, Pulvino, Colosi, la Dirigente Emanuele, il vicesindaco di Sant’Agata di Militello Pedalà, i responsabili del settore ambientale del Comune e la Fondazione Mancuso, sempre sensibile alle tematiche sociali ed ambientali.
Non si tratta solo di esortare i ragazzi e coloro che giornalmente lavorano nella scuola a differenziare i rifiuti. No, lo scopo principale è abituare docenti, collaboratori ed allievi ad avere senso civico, ad essere altruisti, ad agire anche per il bene comune, perché il benessere degli ‘altri’ è anche il nostro. Differenziare i rifiuti è un atto di generosità verso noi stessi e verso le generazioni future. Un pianeta sano è un luogo meraviglioso in cui vivere. Ma sta a ciascuno di noi averne cura compiendo piccoli gesti quotidiani come quello di ‘differenziare’. Basta poco. Basta un po' di buon senso.



domenica 17 novembre 2019

Tira una brutta aria e non solo in Italia

Gli ultimi sondaggi danno la Lega al 34% dei consensi ed il Centrodestra ad oltre il 50%, non c’è dubbio tira una brutta aria e non solo in Italia, ma da Bologna parte la resilienza, una città che 'non si Lega' e non 'abbocca' alla propaganda 'salviniana'

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La manifestazione di Bologna
(foto da bologna.repubblica.it)
La profezia di una deriva di Destra fatta da Pier Luigi Bersani qualche anno fa si sta realizzando e l’aria sta diventando irrespirabile e non solo in Italia. Il consenso popolare al sovranismo cresce in tutto il mondo, l’ondata razzista e xenofoba sembra non fermarsi. In Polonia sfilano a decine di migliaia a sostegno delle politiche della Destra, in Germania la città di Dresda ‘ha proclamato lo stato di emergenza nazista’, in Spagna alle elezioni politiche si afferma il partito nazionalista Vox. Senza dimenticare i cosiddetti Gilet gialli in Francia e la quasi elezione alla presidenza della Repubblica di Marie Le Pen, nonchè le barriere erette nei paesi orientali dell’Ue per impedire l’ingresso ai migranti. La situazione non è diversa nel continente americano. Negli Stati Uniti d’America la presidenza sovranista di Donald Trump alza muri ai confini con il Messico, in Venezuela continuano i tentativi di deporre Maduro, in Brasile viene eletto Bolsonaro, un nostalgico della dittatura, in Bolivia Morales è stato allontanato con un colpo di Stato ed in Cile l'esercito reprime nel sangue le proteste pacifiche della popolazione. 
Foto da facebook.com
In Italia il nuovo Governo giallo-rosso non sembra in grado di fermare l’ondata populista e razzista. Le minacce giornaliere a Liliana Segre in quanto ebrea sono solo gli ultimi episodi di una lunga serie di atti compiuti con l’intento di riaffermare il fascismo ed il nazismo. No, non tira una buona aria in Italia e nel mondo. Sembra di essere tornati indietro di 100 anni. Si ha l’impressione che l’uomo non voglia imparare dai suoi errori. In troppi hanno dimenticato gli orrori del nazifascismo e tornano a sostenere le politiche nazionaliste considerandole ancora oggi come valide e che averle liquidate sia stato un errore. Sembra una deriva inarrestabile, ma dalla 'grassa' Bologna parte la resilienza. Migliaia di ‘sardine’ hanno sfilato per le strade della città contro il ‘salvinismo’. Sono uomini e donne che non si rassegnano all’odio e alla xenofobia. Quei ‘resistenti’ ci dicono che non bisogna cadere nel pessimismo e nella rassegnazione e che non tutto è perduto, anzi questo è il momento di reagire, di resistere, resistere, resistere.


mercoledì 13 novembre 2019

Giovanni Impastato, la lotta alla Mafia continua

'La lezione di Peppino è ancora attuale', Giovanni Impastato

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Il funerale di Peppino Impastato - (foto da studenti.it)
Ancora un atto intimidatorio. Il 19 settembre scorso al Cep di Palermo la targa in ricordo di Peppino Impastato era stata distrutta per la seconda volta nel giro di poche settimane, ora a Cinisi l’incendio alla pizzeria di proprietà del fratello Giovanni. 'Per fortuna un giovane ha visto le fiamme e ha dato l’allarme. L’intervento dei vigili del fuoco, secondo cui il rogo è doloso, ha evitato il peggio. Se l’incendio si fosse propagato sarebbe potuto esplodere tutto’, ha dichiarato Giovanni Impastato. Il locale era chiuso da un paio di mesi per lavori di ristrutturazione e per una controversia tra il Comune di Cinisi e quello di Carini. Sembra infatti che il terreno dove sorge la struttura sia nel Comune di Carini. Ora l’incendio che ha causato danni per oltre 10 mila euro. L’atto è ‘un fatto inquietante’, ha detto Giovanni Impastato. Ed ancora: ‘Non so quale possa essere il motivo di questo gesto, forse il momento in cui viviamo. Tutti conoscono la mia storia, il mio impegno e non è la prima volta che subisco un attentato: il primo è stato nel 2011’.
La lotta alla Mafia e alla criminalità organizzata continua. Il sacrificio di quanti non si sono piegati ai soprusi ed alla violenza dei ‘stuppagghiari’ non sarà stato invano fino a quando ci sarà qualcuno che continuerà a lottare e non si arrenderà al malaffare, uno di questi è Giovanni Impastato.


giovedì 7 novembre 2019

Tangentopoli nera

Nel 2016 è stato pubblicato da Sperling & Kupfer ‘Tangentopoli nera’, il testo 'svela il malaffare, la corruzione ed i ricatti all’ombra del fascismo', ecco alcuni brani del libro

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

La copertina del libro 'Tangentopoli nera'
Negli archivi del National Archives di Kew Gardens, a pochi chilometri da Londra, sono custodite migliaia di carte che 'raccontano le vicende nascoste del fascismo e di come il regime fosse minato dalla corruzione e da gerarchi spregiudicati dediti a traffici di ogni genere'. Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella, autori del libro, hanno spulciato quella documentazione. Il resoconto che ne è scaturito ricostruisce la ‘Tangentopoli nera’ e smentisce la propaganda sull’integrità morale del fascismo che ancora oggi trova credito in taluni ambienti politici ed istituzionali. Ecco alcuni brani del libro.
‘Quando c’era Lui… Già, quando c’era Lui, il Duce del fascismo Benito Mussolini, i treni arrivavano in orario, l’ordine e la legalità regnavano sovrani, si poteva dormire con la porta aperta e lasciare la bicicletta sotto casa. E soprattutto non esistevano corruzione, mafie, tangenti, malaffare e arricchimenti illeciti. Forse si esagerò con il pugno di ferro nei confronti degli oppositori, con le leggi razziali e la dichiarazione di guerra, ma almeno il potere politico era lindo come acqua di sorgente. Si, quante volte lo abbiamo sentito ripetere?’
‘D’altra parte, l’incorruttibilità del Duce e dei suoi gerarchi ha rappresentato per tutto il secondo dopoguerra uno dei miti identitari dell’estrema destra … Era idea condivisa … in vasti settori degli apparati dello Stato (esercito, carabinieri, polizia, servizi segreti, alta burocrazia) e che ha contagiato gran parte della pubblica opinione apartitica o qualunquistica o … antisistema e populista’.
‘Ma se appena si prova a sollevare il velo della retorica, si scopre il lato oscuro e forse sorprendente del fascismo’ … ‘Durante il Ventennio erano in molti ad averlo compreso. Tra questi Benedetto Croce’. Ecco cosa confidò ad un suo stretto collaboratore, poi rivelatosi un agente infiltrato che riferì tutto a Mussolini. ‘Il fascismo è una grande organizzazione di affaristi. Tutti pensano a rimpinguare le tasche e, quando si farà la storia di questi tempi, quello che uscirà fuori farà rabbrividire’. I documenti custoditi negli archivi nazionali britannici e riportati nel libro ci dicono che non solo ‘la percezione del filosofo era esatta, ma ci danno soprattutto un quadro preciso dell’estensione e della profondità del malaffare in cui lo stesso Duce ed i suoi gerarchi erano immersi sino al collo’.
‘Tangentopoli nera’ è una lettura illuminante, un resoconto sul Ventennio fascista che svela l’esistenza di un retroterra melmoso, fatto di corruzione e intrallazzi e di uno stretto legame tra gerarchi e malaffare. Una ulteriore e definitiva smentita sulla moralità del fascismo e del suo Duce, Benito Mussolini.

Fonte: ‘Tangentopoli nera’ di Mario Josè Cereghino e Giovanni Fasanella, editore Sperling & Kupfer, 2016


sabato 2 novembre 2019

La famiglia tradizionale secondo i leader della Destra

Propugnano la famiglia tradizionale, ma nella loro vita quotidiana i leader della Destra si comportano come un ‘comunista’ qualsiasi

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi
(foto da wikipedia.org)
Il 30 ottobre scorso il Senato ha approvato con 151 voti la mozione della senatrice a vita, Liliana Segre, per creare una Commissione contro il razzismo e l’antisemitismo. La Lega, FdI e FI hanno deciso di astenersi. La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, per giustificare la decisone del suo partito ha detto alla Senatrice a vita che ‘si sono astenuti perché noi difendiamo la famiglia’. Ora cosa c’entri la famiglia con una Commissione parlamentare che si deve occupare di razzismo e di odio è difficile da comprendere. La motivazione è ancora più paradossale se consideriamo il fatto che i leader del Centrodestra nella loro vita quotidiana non rispettano il principio dell’indissolubilità del vincolo matrimoniale e dei valori della famiglia tradizionale. Le biografie dei tre esponenti della Destra italiana non ammettono equivoci. 
Giorgia Meloni è legata all’autore televisivo Andrea Giambruno, con il quale ha avuto una figlia nel 2016.
Matteo Salvini si è spostato nel 2003 con la giornalista Federica Leluzzi. Quello stesso anno è diventato padre. Dopo aver divorziato ha convissuto con l’avvocato Giulia Martinelli dalla quale nel 2012 ha avuto una figlia. All’inizio del 2015 ha iniziato una relazione con la conduttrice televisiva Elisa Isoardi. Dall’aprile 2019 è fidanzato ufficialmente con Francesca Verdini, figlia del noto esponente politico forzista, Denis.
Ancora più complessa è la vicenda privata di Silvio Berlusconi. Contrae matrimonio nel 1965 con Carla Elvira Lucia Dall’Oglio dalla quale ha avuto due figli. Nel 1980 intraprende una relazione extraconiugale con l’attrice Veronica Lario. Regolarizza quel rapporto con il matrimonio civile celebrato nel 1990, quando dalla relazione erano già nati tre figli. Questo secondo matrimonio finisce nel 2002, dopo lo scandalo delle ‘cene eleganti’ organizzate ad Arcore dal leader di Forza Italia. Dal 2012 è fidanzato con la showgirl Francesca Pascale, tra i due ci sono 49 anni di differenza. 
Ognuno di noi può gestire la sua vita come meglio crede. I rapporti iniziano, magari finiscono, altri cominciano, non c’è nulla di straordinario o di illegittimo. Quello che è incomprensibile e paradossale è dire una cosa e farne un’altra. Propugnano la famiglia tradizionale declamandola continuamente come un valore fondamentale del popolo italiano, ma poi i leader della Destra agiscono come un ‘comunista’ qualsiasi. 
In tal modo le regole ed i principi valgono solo per gli altri, soprattutto per gli avversari politici. Per Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi non è importante rispettarli, ma solo affermarli con l’intento di ottenere consensi tra coloro che sono più sensibile ai quei valori. E se qualcuno lo fa notare, pazienza.



domenica 27 ottobre 2019

Non si può morire così

Francesco, quarantasettenne disoccupato cosentino, voleva vivere una vita dignitosa, avere una famiglia, un lavoro, ma, vittima di truffatori senza scrupoli, ha ceduto alla disperazione ed ha deciso di farla finita

di Giovanni Pulvino (@GiovanniPulvino)

Opera attribuita a Banksy - (foto da lexpresse.fr)
Vittima due volte. Francesco, quarantasettenne lavoratore cosentino, non ha retto all'ultima umiliazione. La sua unica colpa è stata quella di non riuscire a trovare un'occupazione stabile. Disoccupato da diversi anni, si era illuso ancora una volta, l'ultima. Quando gli si è presentata l’opportunità di partecipare ad un corso per Oss (Operatore socio-sanitario) con la prospettiva di essere assunto, non ha esitato. Per iscriversi aveva messo assieme i duemila euro chiesti dai falsi formatori. Quando si è reso conto che il titolo che aveva conseguito non valeva nulla e che era stato vittima, insieme ad altri, di una truffa, ha perso ogni speranza ed ha deciso di farla finita. Un gesto definitivo ed irreparabile, un atto contro le ingiustizie che aveva dovuto subire e contro la povertà in cui era costretto a vivere.
A far scattare l’inchiesta erano state le denunce fatte da coloro che avevano partecipato ai corsi svolti tra il 2015 ed il 2017. L'indagine ha aperto le porte del carcere a due dipendenti dell'Asp di Cosenza ed a quattro imprenditori, responsabili delle scuole di formazione Sud Europa con sede in Calabria e la Sa.dra e Check up formazione con sede in Campania. Gli aspiranti operatori sanitari venivano reclutati in Calabria. Il corso si limitava ad un paio di incontri, nello studio dei quiz ed in una simulazione prima dell'esame di abilitazione che si svolgeva in Campania. In tutto sarebbero stati distribuiti 291 titoli ed incassati dai truffatori oltre 570 mila euro.
Vittima di criminali senza scrupoli e della mancanza di lavoro, il disoccupato cosentino non ce l'ha fatta. Ad un certo punto della sua vita ha rinunciato a lottare. Oggi come ieri, in Calabria, al Sud ed in tutti i Sud del mondo si continua a morire, così, per sfiducia e per egoismo altrui. Questo siamo: una società diseguale ed ingiusta. Il trascorrere del tempo, le lotte, la crescita culturale e civile, la modernità e l'informatizzazione dei mezzi di produzione e della società, di cui ci vantiamo ed andiamo fieri, non sono ancora sufficienti per garantire a tutti una vita dignitosa. Tutto inutile, almeno tutto è stato inutile per questo lavoratore meridionale.



lunedì 21 ottobre 2019

Ecco cos’era la Mafia nel 1962

Per chi non avesse ancora compreso cos’è stata e cos’è la Mafia e cosa hanno dovuto subire e cosa devono sopportare ancora oggi molti siciliani, basta ascoltare l’intervista rilasciata a Rai 3 dall’attivista e scrittrice Vera Pegna 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da ilcarrettinonews.it
Nata nel 1934 ad Alessandria d’Egitto, Vera Pegna è una traduttrice, attivista e scrittrice. Negli anni Cinquanta, dopo aver conosciuto Danilo Dolce, decide di fermarsi in Sicilia per dedicarsi alla lotta contro la Mafia. Ieri sera su Rai 3 è andata in onda, nella trasmissione ‘Le Ragazze’, un’intervista in cui racconta alcuni episodi vissuti in quegli anni. In uno di questi descrive le angherie e le violenze fisiche e non che i siciliani hanno dovuto subire. Ecco la trascrizione della parte più significativa della sua intervista.
Nel 1962 c’erano le elezioni. Noi facevamo delle assemblee per far capire che c’erano le elezioni, che magari avremmo fatto una lista, anche se i compagni mi dicevano: ma no, come fare una lista? Che lo sai che le due volte che abbiamo cercato di fare una lista è finita male. La seconda volta il nostro compagno che voleva essere capolista è stato tagliato in due con un’accetta.
Questo era il livello della mafia. Queste erano le cose che mi riempivano di una indignazione, non so come chiamarla diversamente per cui dovevo agire. Un giorno, non l’ho mai deciso, ma è venuto per caso, eravamo in campagna elettorale per le elezioni comunali e mi è venuto in mente semplicemente di prendere il microfono, di affacciarmi e di vedere se c’era, come c’era ogni volta che organizzavamo un’assemblea don Peppino (Panzeca, boss di Caccamo) seduto dall’altra parte della strada, una strada di pochi metri, si metteva lì per cui le persone che dovevano entrare non venivano perché avevano paura di farsi vedere mentre entravano nella sezione del PCI. 
Allora ho preso il megafono, mi sono affacciata dal balcone e gli ho detto: Don Peppino, se è vero che è un mafioso, alzi la testa e mi faccia un sorriso che le scatto una fotografia. La piazza si è vuotata subito perché guai a poter essere testimoni di un tale insulto a don Peppino e lui se n’è andato. Questo ha cambiato in modo tangibile l’umore dei compagni che erano nella sezione. In sezione: ‘Cosa hai fatto? Cos’ho fatto? Ma facciamolo ogni giorno’.




martedì 15 ottobre 2019

Neet, Italia prima in Europa, ma è tutto 'merito' del Sud

Secondo gli ultimi dati Istat in Italia i giovani Neet sono oltre due milioni, di questi oltre uno su tre è residente al Sud, ma per i media nazionali non è una 'notizia' 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da cooperativaprogettazione.it
Neet è l’acronimo di Not in Educaction, Employment or Training, esso definisce i giovani che non lavorano, non studiano e non frequentano corsi di formazione. Nel 2018 quelli presenti sul territorio nazionale erano il 23,4% del totale dei residenti che hanno un’età compresa tra i 15 ed i 29 anni. L’Italia è al primo posto nella graduatoria europea, seguono la Grecia con il 19,5%, la Bulgaria con il 18,1%, la Romania con il 17% e la Croazia con il 15,6%. Gli Stati con il tasso più basso sono i Paesi Bassi con il 5,75%, la Svezia con 7% e Malta con il 7,4%. La media europea è del 12,9%. Il 49% dei Neet italiani ha conseguito il diploma di scuola secondaria superiore, il 40% ha un livello di istruzione inferiore, mentre l’11% sono laureati. Il 41% di essi è in cerca di prima occupazione, mentre il 25% aspetta una ‘opportunità’ ed il restante 14,5% sono ‘disimpegnati’.
Foto da ildenaro.it
A livello territoriale il 34% degli inattivi sono residenti nel Sud, il 19,5% nel Centro ed il 15,5% nel Nord Italia. Particolarmente elevata è la presenza dei Neet in Sicilia (38,65), in Calabria (35,9%), in Puglia (30,5%) ed in Sardegna (27,5%). Gli stranieri sono il 14,5%. Questi dati certificano ancora una volta il dramma della disoccupazione nel nostro Paese, in particolare tra i giovani e nel Meridione. Non sorprende, invece, la scarsa risonanza riscontrata sui media nazionali. Fino a quando il lavoro e le condizioni di sottosviluppo rimarranno localizzate nel Mezzogiorno per essi non sarà un vero problema e, pertanto, non vale la pena parlarne, anzi è un argomento che ha stancato. Chi ha voglia di fare e di lavorare faccia la valigia ed emigri, chi, invece, non vuole impegnarsi ed è un Neet rimanga pure nella sua terra e si accontenti delle briciole e del poco di ‘assistenza’ che ancora lo Stato italiano è in grado di garantire.


venerdì 11 ottobre 2019

Miracolato

Pochi giorni fa Luigi Di Maio ha ricevuto il Segretario di Stato americano Michael Richard Pompeo, al termine della conferenza stampa ha fatto l’ennesimo lapsus ed il Segretario Pompeo si è trasformato in Segretario ‘Ross’ 

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)



Michael Richard Pompeo e Luigi Di Maio
Foto da wikipedia.org
Probabilmente non sapremo mai cosa ha pensato il Segretario di Stato degli Stati Uniti d'America Michael Richard Pompeo quando il nostro ministro degli Esteri lo ha indicato con il nome di 'Segretario Ross'. Questo è stato solo l’ultimo strafalcione con cui di tanto in tanto ci diletta il capo del M5s. Il politico campano a volte si cimenta in dichiarazioni a dir poco azzardate o inverosimili. La vicenda di Bibbiano, abbiamo abolito la povertà, mai con il Pd, il governo durerà cinque anni, sono solo alcuni esempi. Improvvisazione, faciloneria, peccati di gioventù o narcisismo? Quello che è certo è che Luigi Di Maio è un ‘miracolato’. Un leader che ha fondato la sua carriera sull’antipolitica, ma che è egli stesso un professionista della politica.
Nato ad Avellino, cresciuto a Pomigliano d’Arco, è diventato, ad appena 26 anni, vicepresidente della Camera dei deputati. Ruolo mantenuto per tutta la passata legislatura, cioè dal 21 marzo 2013 al 22 marzo 2018. Ma questo è stato solo l’inizio di una folgorante ascesa politica ed istituzionale. Dal 23 settembre 2017 è il capo politico del M5s. Lo scorso anno con il Governo giallo-verde ha assunto la carica di vicepremier e Ministro dello sviluppo economico e Ministro del lavoro e delle politiche sociali. Il 5 settembre 2019 è stato nominato Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale nel nuovo esecutivo, Conte bis.
Nessuno nella storia repubblicana è stato capace di ricoprire tante e tali cariche in così poco tempo. Inoltre, l’apprendistato politico di Luigi Di Maio è stato brevissimo, anzi non si può dire che ci sia stato. Figlio di un piccolo imprenditore edile, che è stato un dirigente del Movimento sociale italiano prima e successivamente di Alleanza nazionale, il giovane politico grillino ha frequentato l’università ma non si è mai laureato. Prima di entrare in politica ha fatto piccoli lavoretti, tra questi quello di steward allo stadio San Paolo di Napoli. Nel 2007 apre il Meetup di Pomigliano, aderendo così all’iniziativa di Beppe Grillo. Nel 2010 si candida al consiglio comunale della sua città, ma i 59 voti ottenuti non sono stati sufficienti per essere eletto. Con le ‘parlamentarie’ del M5s gli bastano 189 preferenze per essere candidato alla Camera dei deputati nelle elezioni politiche del 2013. E’ il trampolino di lancio per una carriera fulminante.
Da mancato consigliere comunale di Pomigliano (2010) a deputato (2013), a vicepresidente della Camera dei deputati (2013), a leader del M5s (2017), a vicepremier (2018), a ministro (2018 e 2019). Niente male per un giovane che sbaglia i nomi dei suoi interlocutori e che cambia continuamente opinione. Senza considerare che ha sostenuto un governo caduto dopo appena 15 mesi e che ha dimezzato i consensi del suo gruppo politico senza perdere ruoli e potere. 
Come Luigi Di Maio, nessuno. Complimenti.




lunedì 7 ottobre 2019

Generazione ‘Working poor’

In Italia l’ascensore sociale è bloccato ed oltre mezzo milione di giovani negli ultimi quattro anni è emigrato all’estero, a sostenerlo è Oxfam Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)


Foto da oxfamitalia.org
Lo  studio, il talento e le capacità individuali ‘sono sempre meno determinanti rispetto alle condizioni socio-economiche delle famiglie d’origine’. Un terzo dei figli dei genitori più poveri è destinato a non cambiare ‘status’ sociale, mentre il 58% di quelli che appartengono al 40% più ricco della popolazione manterrà la sua posizione sociale. Il 66% dei figli che hanno genitori con una istruzione bassa ha molte probabilità di rimanere nel medesimo livello reddituale.
Il sistema di istruzione, oggi, non garantisce l’emancipazione sociale. ‘Il figlio di un dirigente ha un reddito annuo superiore del 17% rispetto a quello percepito dal figlio di un impiegato che ha lo stesso livello di istruzione’. Nel 2017 solo il 3,75% del Pil è stato destinato all’istruzione, nell’ultimo Dpef è previsto appena il 3,5%. Il nostro sistema scolastico è sotto finanziato. Non meraviglia quindi la carenza dell’offerta formativa e l’incremento degli abbandoni precoci, in particolare nel Mezzogiorno.
Il 25% dei giovani compresi in una fascia di età tra 15 ed i 29 anni è un Neet (Not in education, employment or training), cioè non studia e non lavora. Nel 2018 circa il 13% degli occupati in quella fascia di età era ‘working poor’, viveva cioè in una famiglia con un reddito inferiore del 60% rispetto alla media nazionale. Questa situazione è determinata dagli inadeguati livelli retributivi rispetto agli occupati più anziani. Le cause principali sono i contratti a tempo determinato ed il part-time involontario.
Tra i paesi del G7 l’Italia è quello con il maggior numero di laureati impiegati in mansioni inferiori al loro livello di studio. 1,8 milioni di persone in possesso della laurea svolgono un'attività lavorative che non richiede tale livello di studio. Negli ultimi quattro anni oltre mezzo milione di italiani ha deciso di trasferirsi all’estero, tra loro soprattutto giovani laureati residenti nel Meridione.
Un Paese immobile, dove l’unica cosa che aumenta è la disuguaglianza sociale e territoriale. Stiamo bruciando il futuro delle nuove generazioni, è ora di porvi rimedio.