martedì 31 marzo 2020

Bonus una tantum di 600 euro al via, ecco come richiederlo

Da oggi è possibile presentare le domande per usufruire del bonus una tantum di 600 euro, ecco come richiederlo

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da inps.it
La domanda si potrà fare online accedendo al portale dell’Inps utilizzando le relative credenziali, cioè il Pin oppure lo Spid, la Carta di identità elettronica e la Carta dei sevizi, oltre al Contact center. Chi non si è già attrezzato può utilizzare un Pin semplificato rilasciato dall’Istituto.
I soggetti beneficiari del bonus una tantum di 600 euro sono i lavoratori autonomi, i liberi professionisti, i collaboratori coordinati e continuativi (che hanno una partita Iva attiva almeno dal 23 febbraio 2020), i lavoratori stagionali e quelli dello spettacolo. L’indennità è prevista anche per i lavoratori stagionali del turismo e degli stabilimenti termali che abbiano perso involontariamente il rapporto di lavoro tra il 1° gennaio 2019 e il 17 marzo 2020 e che non abbiamo altri rapporti di lavoro dipendente.
L’importo erogato non contribuisce alla formazione del reddito e non è prevista nessuna contribuzione figurativa. I beneficiari non devono essere titolari di pensioni e non devono essere iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie. Tuttavia, esso è cumulabile con l’indennità di disoccupazione per i Co.Co.Co. e con la Naspi (l’assegno ordinario di disoccupazione) incassata dai lavoratori stagionali e dello spettacolo.
Il Governo ha già detto che il bonus verrà prorogato ed aumentato a 800 euro, ma saranno introdotti criteri di selettività per evitare che l’indennità vada a chi non ne ha bisogno.

Fonte inps.it

lunedì 30 marzo 2020

La ‘spesa sospesa’ e la rabbia di chi non ha nulla

Il lavoro è vita e senza quello esiste solo paura e insicurezza’, John Lennon

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da livornotoday.it
In questi giorni di limitazione nella circolazione uno dei problemi principali delle famiglie è il reperimento delle risorse alimentari. Per i nuclei più indigenti la situazione è ancora più grave. Alle difficoltà di movimento si aggiunge quella della scarsa disponibilità di mezzi finanziari. In taluni casi è difficile perfino mettere sulla tavola un piatto di pasta.
Si tratta di lavoratori precari, sia dipendenti che autonomi, che si trovano senza reddito e senza tutele sociali. In molti, fino a ieri, si arrangiavano con piccoli lavoretti come la vendita ambulante o con piccoli lavori artigianali e commerciali. Oggi sono senza nessuna occupazione e senza quel poco di risorse economiche indispensabili per dare un minimo di sussistenza alle loro famiglie.
La situazione è grave. In alcuni quartieri delle città o nei piccoli paesi i volontari si sono organizzati. Incuranti dei pericoli dovuti alla pandemia, si recano a portare quotidianamente beni di prima necessità a chi non ha nulla. In particolare, è nata l’abitudine della cosiddetta ‘spesa sospesa’. Chi può permetterselo, quando va al supermercato o al negozio sotto casa, può pagare beni di prima necessità e lasciarli 'sospesi' per chi ne ha bisogno.
Certo, la solidarietà individuale, seppur importante, non può bastare. Provvidenziale, a tale proposito, è il provvedimento emanato due giorni fa dal Governo. Lo stanziamento di 4,3 miliardi di euro destinato ai Comuni, di cui 400 milioni di euro vincolati all’acquisto di beni di prima necessità, possono apparire poca cosa, ma ad esso si devono aggiungere i 25 miliardi di euro pianificati con il decreto ‘Cura Italia'
E' bene sottolineare, tuttavia, che non tutto dipende da chi ci governa e dalle risorse finanziarie disponibili, molto deriva dai nostri comportamenti. In futuro, quando la pandemia sarà passata, sarà importante non dimenticare il dramma che tante famiglie stanno vivendo in questi giorni. Tutti dovremo operare affinché nessuno debba trovarsi in una situazione di indigenza e fragilità. Un impegno che richiederà pazienza e solidarietà, valori che spesso mancano quando le cose vanno bene e che non sono sufficienti quando siamo in difficoltà, come ora.  

venerdì 27 marzo 2020

Coronavirus: la didattica a distanza è una grande opportunità per la scuola italiana

Scuole ed università sono chiuse, ma l’attività formativa non si è fermata, anzi la cosiddetta didattica a distanza rappresenta una grande opportunità per la scuola italiana

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Una classe dell'Itcat di Polizzi Generosa (Pa)
Scuole ed università sono chiuse in tutto il Paese dal 5 marzo. Il Governo aveva previsto la riapertura per il 15 dello stesso mese, ma considerata la gravità della situazione sanitaria, ha deciso di prorogarla al 3 aprile. Ora si pensa al prolungamento fino alla fine del mese e nell’ipotesi più drastica fino a giugno. Ma l’attività delle scuole e delle università non si è fermata.
Il ‘mostro’ vorrebbe impedire ai nostri ragazzi di studiare, ma questa per il Coronavirus è una battaglia persa in partenza. I docenti e gli studenti della scuola italiana stanno continuando a svolgere l’attività di formazione ed apprendimento. Su indicazione del ministero della Pubblica Istruzione gli istituti e le facoltà si sono attrezzati con la cosiddetta didattica a distanza. Del resto sono diversi anni che nelle scuole si fa uso del registro elettronico, delle aule informatiche, delle Lim, dei gruppi di lavoro su WhatsApp e di tanti altri strumenti che consentono un approccio ‘tecnologico’ nell’attività didattica e nella condivisione delle informazioni tra scuola e famiglie.
Il proficuo utilizzo delle ‘piattaforme’ virtuali dipende dalle abilità e dalle conoscenze acquisite negli ultimi anni dai docenti e dai collaboratori della scuola. La didattica a distanza è una sfida, ma nello stesso tempo è un’occasione ed un’opportunità per accrescere le competenze digitali di docenti ed alunni. È una prova difficile, ma sarà superata con la professionalità degli insegnanti, dei collaboratori scolastici e con l’impegno dei ragazzi. 
Certo, non tutto è semplice. Per tanti è una sfida difficile da affrontare. Anche in questa fase contano gli ‘strumenti’ e le disponibilità economiche. Nelle aree dove la Rete è adeguata, in particolare nelle città dove è disponibile la fibra ottica, l’uso delle video-lezione sarà più semplice. Come più facile sarà l’approccio delle famiglie che dispongono di ‘mezzi’ informatici adeguati. Non è raro il caso in cui esse non dispongano di computer o tablet oppure non hanno (più) la linea telefonica fissa, per cui dovranno utilizzare i cellulari ed i supporti di telefonia mobile. Insomma, anche nella didattica a distanza la differenza la faranno il reddito disponibile e la predisposizione a formarsi, ma questa non è una novità.
Il Governo ha stanziato le risorse per garantire a tutti i mezzi informatici necessari, ma, come sempre, la loro assegnazione non sarà semplice, né immediata come invece richiederebbe la situazione. A tale proposito, perché non consentire ai diciottenni che usufruiscono del bonus cultura di poter acquistare anche supporti informatici?



lunedì 23 marzo 2020

Coronavirus: tutto chiuso, ora il Pil potrebbe calare dell'8%

Gli effetti economici del Coronavirus potrebbero essere catastrofici, persino più gravi di quelli provocati dalla crisi del 1929

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da repubblica.it
Preoccuparsi oggi delle conseguenze che sta causando la chiusura delle principali attività produttive potrebbe apparire poco opportuno, eppure quando la pandemia dovuta al Coronavirus sarà passata dovremo fare i conti con la recessione e con l’incremento del debito pubblico. La borsa di Milano ha già perso il 40% del suo valore, segnando un record negativo peggiore di quello registrato nel crack di Lehman Brothers ed in quello dell’11 settembre. In poche sedute il Ftse Mib è precipitato da oltre 25.000 punti a circa 15.000 ed il calo probabilmente continuerà.
Alla crisi sanitaria ed a quella finanziaria seguirà quella dell’economia reale. Ed è per questo che le autorità monetarie e politiche di tutto il mondo si stanno attivando. La Bce ha annunciato un incremento degli acquisti già previsti del Quantitative easing, il presidente del Consiglio italiano invoca i Coronavirus bond, la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen ha annunciato di essere favorevole ad uno stop al Patto di stabilità, la Federal Reserve ha abbassato i tassi d’interesse e Donald Trump, dopo le iniziali titubanze, ha annunciato stanziamenti per centinaia di milioni di dollari.
Questi ed altri interventi, seppur necessari, non impediranno la recessione, che sarà pesante e globale. Il ‘mostro’, secondo l’Organizzazione mondiale del Lavoro, provocherà 25 milioni di disoccupati. Alcune stime prevedono un calo del Prodotto interno lordo italiano dell’8%. Nello stesso tempo, per il 2020, sarà inevitabile un notevole incremento del disavanzo di bilancio. Il rapporto tra debito pubblico e Pil raggiungerà valori record che il nostro Paese potrebbe non riuscire a sostenere.
Quindi, limitare il propagarsi dell’epidemia serve anche ad impedire una crisi prolungata e profonda del ‘sistema Italia’. Più a lungo durerà l’emergenza sanitaria, più ardua sarà la ripresa della produzione e dell’economia. Un ulteriore motivo, questo, per rispettare le indicazioni del Governo e per restare a casa.


lunedì 16 marzo 2020

Coronavirus: è il momento della paura

Paura, non c’è un altro termine che possa definire meglio lo stato d’animo degli italiani. Ci sono voluti 46 giorni di epidemia, 1.809 morti e 24.747 contagiati per capire che la situazione era grave, ora in giro c’è tanto smarrimento e timore per il futuro

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Disegno di Giulio Ciccia
I flash mob organizzati per ringraziare chi in queste settimane ha messo la propria vita a disposizione dei malati (ma tanti medici lo fanno tutti i giorni) sono soprattutto un timido tentativo per scacciare il ‘mostro’: il CoronavirusUn'epidemia che sta cambiando le nostre abitudini e la nostra vita. Tutti mutamenti indotti per paura del contagio.
Figli e nipoti che evitano di andare a trovare i genitori o i nonni anziani. Amici che non vedi da settimane e con i quali prendevi il caffè al bar o con cui passavi le serate o il weekend. Per ultimo la rinuncia al pranzo domenicale con i familiari.  
Per strada non c’è nessuno. Di tanto in tanto si sente, amplificato dal silenzio, lo strepitare del motore di un’auto che sfreccia a tutta velocità. Di certo, il conducente sta correndo a casa o al lavoro. Poi torna il silenzio. Nessuno alle finestre. Nessuno affacciato ai balconi. Solo nei momenti condivisi in Rete i palazzi si rianimano, ma sono solo episodi estemporanei, poi di nuovo tutti chiusi in casa. A chattare, a cercare in Rete o in televisione le ultimi informazioni sul ‘mostro’. A stare lì, seduti in poltrona, a riempirsi la testa su come difendersi, su come fare per sottrarsi ai contatti, su come evitare il contagio. Certo tutto serve per allontanare i cattivi pensieri e soprattutto per cacciare nel profondo del nostro inconscio il rimorso per non aver agito per il bene comune quando si poteva.
È la paura. È la speranza che non tocchi a noi. Una volta si facevano i ‘voti’ religiosi per evitare il peggio, oggi si fanno gli esorcismi con i flash mob, ma il senso è sempre lo stesso. In questi momenti di difficoltà si prendono impegni ‘buonisti’. Se tutto andrà bene sarò più onesto, non penserò solo a me stesso, terrò un comportamento più altruista.
Intanto, il virus si sta diffondendo in tutte le regioni e, se continua così, dopo la paura ci sarà il panico. Lo stesso che la settimana scorsa ha caratterizzato il comportamento di tanti piccoli risparmiatori, che con le loro insicurezze hanno fatto la felicità dei soliti noti, gli speculatori e gli affaristi.
Ma tutto questo non durerà. Tra poco, tutto tornerà come prima. Allora vorrà dire che la paura sarà passata, che il panico non ci sarà stato e che ognuno potrà tornare a farsi i fatti suoi.


giovedì 12 marzo 2020

Andrea Agnelli e l’arroganza del capitalismo italiano

‘I bergamaschi con una grande prestazione sportiva hanno avuto accesso diretto alla Champions. Giusto o meno, penso poi alla Roma, che ha contribuito negli ultimi anni a mantenere il ranking dell'Italia, ha avuto una brutta stagione ed è fuori. Bisogna proteggere gli investimenti’, questo è quanto ha dichiarato nei giorni scorsi Andrea Agnelli

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da tuttosport.com
Per il presidente della Juventus, Andrea Agnelli, nel calcio non contano i meriti, ma i soldi. Il suo ragionamento è semplice ed arrogante nello stesso tempo: i ‘poveracci’ non devono scalfire il ‘suo potere’ economico e di decisione. Quest’argomentazione è tipica di un individuo che deve la sua ricchezza ad altri. In particolare, al capitale accumulato durante il fascismo da uno dei fondatori della Fiat: Giovanni Agnelli, bisnonno di Andrea. L’azienda automobilistica torinese ha fatto ‘fortuna’ in quegli anni. Successivamente, nel dopoguerra, essa si è affermata in Italia con gli aiuti di Stato che governi di ogni colore politico gli hanno garantito. Situazione che è continuata con l’inizio del nuovo secolo. L’accordo siglato con il presidente degli Usa Barak Obama ha consentito alla famiglia Agnelli l’acquisizione della Chrysler. Oggi è una multinazionale in grado di condizionare le scelte di politica economica di diversi governi nazionali.
Altro che libera iniziativa privata, la Fca è un impero economico creato e cresciuto grazie agli aiuti di Stato. Il principio fondante del sistema economico capitalistico dovrebbe essere la meritocrazia, almeno a parole. Tutti sanno, invece, che il sistema non funziona così. Le idee di Andrea Agnelli sul calcio lo dimostrano. La creazione di una Superlega che comprenda solo le squadre che dispongono di maggiori risorse finanziarie, non sorprende. Per il presidente della Juventus non contano le abilità di chi riesce a vincere e primeggiare anche se dispone di risorse limitate. I ‘poveracci’ devono stare al loro posto. Il potere nel calcio e non solo spetta a chi ha i soldi, anche se questi sono stati ereditati e sui quali i ‘fortunati’ non possono vantare alcun merito.



giovedì 5 marzo 2020

Coronavirus all’italiana: bene il Governo, male gli italiani

Tutto il buon lavoro fatto finora dal Governo sull’epidemia del Coronavirus potrebbe essere insufficiente a limitare il diffondersi dell'epidemia, ma stavolta la responsabilità non è dei ‘politici’, ma dell’egoismo e dell’ignoranza di una parte degli italiani

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Mappa aggiornata della diffusione del Coronavirus
(da youtg.net)
Per una volta le decisioni prese dal Governo sull’epidemia dovuta al Coronavirus sembrano di buon senso ed idonee alla situazione di pericolo per la salute pubblica degli italiani e non. Provvedimenti presi con oculatezza, senza allarmare la popolazione. I vari ministri e responsabili del SSN, nonostante la gravità della situazione, hanno agito con cautela, senza anticipare inutilmente i rimedi e le precauzioni necessarie a limitare e, comunque, a rallentare il propagarsi del virus. Certo alcune interviste e richieste fatte dai governatori della Lombardia e del Veneto sono apparse pretestuose e non idonee alla situazione, ma si sa i leghisti sono così, come il loro elettorato, un po' ‘alla buona’.
Una parte degli italiani è poco abituata al rispetto delle regole ed al senso del dovere. Siamo un popolo individualista che fatica ad agire nel solo ed esclusivo interesse del bene comune. Il comportamento tenuto in questi giorni dai lavoratori emigrati nelle città settentrionali, ne è un esempio. In molti, appena hanno potuto, non hanno esitato e sono ‘scappati’ per tornare, anche se solo per pochi giorni, nelle loro città di origine. Chi ha potuto allontanarsi dai luoghi dove si sono sviluppati i primi focolai del virus lo ha fatto senza pensare alle possibili conseguenze, dimostrando di non avere alcun senso di responsabilità verso gli altri. Nei giorni scorsi, dopo la chiusura provvisoria delle scuole della Lombardia, del Veneto e dell’Emilia-Romagna, molti insegnanti del Sud, che lavorano in quegli istituti, hanno approfittato dei giorni di interruzione delle lezioni per scendere nelle loro città, così come se fosse una vacanza qualsiasi.
A questo punto è evidente che un rapido sviluppo del virus anche nelle regioni meridionali diventa assai probabile. La leggerezza e la superficialità di questi lavoratori pendolari potrebbe costare cara a parenti ed amici, ma si sa gli italiani siamo così, pensiamo e riteniamo, con convinzione, che le responsabilità non sono mai nostre, ma sempre degli altri.
Ed ora tutto il buon lavoro fatto dal Governo potrebbe essere insufficiente a limitare la diffusione dell'epidemia, ma stavolta non sarà ‘colpa’ dei ‘politici’, ma dell’egoismo e dell’ignoranza di una parte degli italiani.


mercoledì 26 febbraio 2020

Chi sarà il primo sindaco d'Italia?

L'ultima ‘idea’ di Matteo Renzi è il Sindaco d'Italia, una riforma costituzionale difficile da realizzare, ma molto simile all'elezione diretta del Presidente della Repubblica propugnata dalla Destra italiana

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Giorgia Meloni, Matteo Renzi e Matteo Salvini
(foto da ilprimatonazionale.it
Nel corso della trasmissione Rai 'Porta a Porta' il segretario di Italia Viva, Matteo Renzi, ha dichiarato: 'Bisogna riformare le istituzioni, il Paese ha bisogno di un 'sindaco d'Italia'. Ed ancora: 'Siccome non si può andare avanti così, faccio un appello a tutte le forze politiche: fermi tutti, portiamo l’unico metodo istituzionale che funziona, che è quello dei sindaci, a livello istituzionale. Il sindaco d’Italia. Si vota una persona che sta lì per 5 anni'. L’ex segretario del Pd non si rassegna. Continua a ritenersi il 'Capo' indiscusso del Centrosinistra. La parabola discendente della sua leadership è evidente a tutti ma non a lui. Con la sua segreteria i democratici sono passati dal 40% delle europee del 2014 al 18,7% delle ultime elezioni politiche, a cui si deve aggiungere il tonfo nel referendum costituzionale del 2016. Inevitabili le dimissioni dalla segreteria, ma dopo l'elezione di Nicola Zingaretti è uscito dal partito per fondarne uno nuovo: Italia Viva. Un raggruppamento di 'Centro' che gli consenta di continuare ad essere leader di 'qualcosa' e che, nello stesso tempo, lo ponga al centro dell'attenzione mediatica e politica. 
Si sa, egocentrismo, ambizione e spericolatezza animano l’esponente politico toscano, ma non è il solo. Solo pochi mesi fa Matteo Salvini chiedeva ‘i pieni poteri’, cioè di poter governare senza vincoli o compromessi. Sulla stessa linea l’altra esponente del Centrodestra, Giorgia Meloni. La leader di FdI da tempo ha fatto dell’elezione diretta del Presidente della Repubblica il simbolo della linea politica propugnata della Destra italiana. Insomma, i tre politici chiedono la stessa cosa: una radicale semplificazione delle procedure democratiche. Ma le analogie non finiscono qua. Affini sono anche le proposte sull’economia, sulla corruzione, sulla prescrizione, sulla scuola, sui rapporti con l’Unione Europea e così via.
Programmi analoghi ed un’idea di architettura istituzionale simile: un uomo solo al comando o comunque un Governo che ‘decida’ ed operi senza se e senza ma, che possa agire, cioè, senza i compromessi ed i vincoli di legge tipici di un sistema democratico parlamentare.
Certo oggi è difficile ipotizzare un’alleanza tra il nuovo partito di Renzi ed il Centrodestra, ma domani chissà? Se dovesse cadere il governo Conte ogni soluzione potrebbe diventare possibile, anche un Esecutivo istituzionale con i due Matteo e la Meloni insieme. Tutto, ovviamente, nell’attesa di sapere chi sarà il primo sindaco d’Italia tra Renzi, Salvini e la Meloni.


venerdì 14 febbraio 2020

Diminuiscono le nascite, ma il calo dei residenti è ‘solo’ al Centro-Sud

Diminuiscono i residenti nel Mezzogiorno e nel Centro, mentre prosegue, nonostante il calo delle nascite, il processo di crescita della popolazione nelle regioni del Nord Italia

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Foto da istat.it
Secondo i dati pubblicati dall'Istat nel 2019 i residenti sul territorio nazionale erano 60 milioni 317 mila, 116 mila in meno rispetto al 2018. Nello stesso periodo è aumentato il divario tra nascite e decessi, ogni 100 persone scomparse ci sono state 67 nascite, dieci anni fa erano 96. Il calo dei residenti è una costante degli ultimi cinque anni, ma la tendenza è diversa a seconda delle aree geografiche del Paese. Le diminuzioni si sono verificate nel Mezzogiorno (-6,3 per mille) e nel Centro (-2,2 per mille), mentre nel Nord Italia è continuato il processo di crescita della popolazione (+1.4 per mille).
Il maggior incremento è stato registrato nelle Province autonome di Bolzano e Trento e nelle regioni della Lombardia e dell’Emilia-Romagna. ‘Particolarmente critica’ è, invece, la situazione in Molise e Basilicata. Le due regioni hanno perso, in un solo anno, l'1% della loro popolazione.
Un altro motivo dello spopolamento del Mezzogiorno è la migrazione interna. Il calo dei residenti è una costante dal 2014. Sono diminuiti i flussi migratori netti: il saldo è stato positivo per 143 mila unità (32 mila in meno rispetto al 2018), ma anche i nuovi arrivati emigrano nelle città del Nord.
I dati pubblicati dall’Istat non sono una novità. Confermano un andamento in corso da almeno due decenni. Il calo dei residenti nel Mezzogiorno è la logica conseguenza del suo declino economico. Un trend che sembra inarrestabile e la buona volontà di chi resta non è sufficiente per invertire la tendenza.

Fonte istat.it

domenica 9 febbraio 2020

Graviano, la Mafia ed i ‘Poteri forti’

‘La mia famiglia e il Cavaliere erano soci’, quest'affermazione, subito smentita dai legali di Silvio Berlusconi, è stata fatta dal boss mafioso Giuseppe Graviano

di Giovanni Pulvino (@PulvinoGiovanni)

Silvio Berlusconi e Giuseppe Graviano
(foto da infosannio.wordpress.com)
Le rivelazioni fatte nel corso del processo alla ‘ndrangheta che si sta celebrando a Reggio Calabria dal boss mafioso stragista Giuseppe Graviano non sorprendono. La Mafia ha sempre stretto patti con ‘i poteri forti’ e con settori deviati delle istituzioni. Senza queste ‘relazioni’ la criminalità organizzata non avrebbe potuto proliferare ed arricchirsi. La storia italiana è caratterizzata da collusioni e, in taluni casi, da veri e propri legami associativi della ‘Politica’ con ‘Cosa nostra’. Ecco come Giovanni Fasanella e Mario José Cereghino, autori del libro Tangentopoli nera, definiscono i legami tra il Fascismo e la Mafia. ‘Eloquenti anche le informazioni sui rapporti tra il fascismo e la mafia, a dispetto del mito creato dalla propaganda del regime intorno alla figura del <Prefetto di ferro> quel Cesare Mori inviato in Sicilia negli anni Venti per debellare le cosche. In realtà, fin dal 1919, Mussolini ha sistematicamente perseguitato e annientato le vecchie <famiglie> rurali ancora legate ai partiti dell’età liberale, sostituendole con la <giovane mafia> in camicia nera, diretta espressione del Pnf, composta da delinquenti comuni di città provenienti dai ranghi criminali più bassi, ladri, ruffiani, borsaioli, rapinatori, assassini, spacciatori, tutti elementi violenti e aggressivi per indole. Insomma, le stesse tipologie emerse dai rapporti di polizia sulla banda Giampaoli (gerarca fascista). Non è casuale, dunque, che diversi elementi provenienti dall’isola operino nelle squadre d’azione milanesi e di altre città del Nord.
I rapporti affaristici tra il regime e le cosche si ramificano anche oltreoceano e passano attraverso un pezzo da novanta delle famiglie americane di origine siciliana e campana: Vito Genovese, il tramite occulto fra Mussolini e un notissimo editore e costruttore statunitense nato in provincia di Benevento, Generoso Pope. Assieme ai suoi tre figli, dietro la facciata di stimato imprenditore, Pope è in realtà uno dei capi delle organizzazioni criminali italiane negli Usa. Controlla il fronte del porto di New York, ha di fatto il monopolio delle opere edilizie a Manhattan, è proprietario del quotidiano Il Progresso Italo-Americano, ha contatti con gran parte del mondo politico e gode di ampie entrature persino alla Casa Bianca del presidente Franklin Delano Roosevelt. Tra i suoi sodali, oltre a Vito Genovese, c’è anche il terribile Frank Costello. Pope appoggia il fascismo sin dai primordi, tant’è che nei suoi viaggi a Roma ha più volte incontrato Mussolini. È la sua rete criminale, oltre a essere in affari con il Duce ed altri gerarchi, serve anche da supporto occulto per l’intelligence italiana sulla costa orientale degli Sati Uniti. Un patto d ferro che andrà avanti fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale’.

Fonte ‘Tangentopoli Nera’ di Mario José Cereghino e Giovanni Fasanella, editore Sperling & Kupfer